Ipotesi stralcio sulla prescrizione. Salvini: dl sicurezza o tutti a casa

Francesco Grignetti, Ilario lombardo
roma

Sarà una settimana di discussioni nella maggioranza giallo-verde. E se mai ci sarà una soluzione, non verrà presto. I due vicepremier, infatti, sono all’estero: Luigi Di Maio è in Cina, Matteo Salvini in Ghana. Missioni ufficiali, e strategiche, in rappresentanza dei rispettivi ministeri. Partendo, però, si sono lasciati dietro una scia di recriminazioni contrapposte. E di sospetti: Salvini tornerà a precipizio già martedì, imponendosi una maratona di volo, pur di monitorare di persona che il decreto Sicurezza sia votato al Senato. «Speriamo che non facciano scherzetti, sennò cade il governo», ha detto salutando i suoi. È meno preoccupato di possibili ritorsioni sulla legittima difesa. «È questione ancora lontana. Poi vedremo».

Ma è la questione della prescrizione, imposta con un blitz che porta la firma del ministro Alfonso Bonafede, che si sta rivelando essere una bomba atomica nei rapporti tra gli alleati. Apparentemente è muro contro muro. Non bastasse l’altolà lanciato sabato dal ministro e avvocato Giulia Bongiorno, ieri anche Salvini ha sbarrato la strada: «La riforma della giustizia – ha detto – c’è nel programma, ma non si fa a colpi di emendamenti. Con corrotti e corruttori andrei giù con il martello pneumatico, ma valutiamo bene il fatto che i processi non vadano avanti dieci anni perché indegno di un Paese civile».

 

In verità Salvini pensa tutto il male possibile di quell’emendamento che i grillini hanno presentato qualche giorno fa, ma non vuole dirlo apertamente. I suoi pensano che l’unica via per uscirne è sgomberare il campo da proposte estemporanee e quindi con uno stralcio, affrontando i delicati meccanismi della giustizia attraverso un ddl ben più articolato. «Non necessariamente un emendamento presentato dalla sera alla mattina è il modo migliore», si è sfogato. Anche tra i grillini comincia a farsi largo la consapevolezza di avere sbagliato le mosse. A mezza voce circola la voce che forse Bonafede s’è fatto prendere dai nervi quando ha saputo che c’erano emendamenti leghisti alla «sua» legge e non ha calibrato a dovere la risposta. Forse non è un caso che un fedelissimo come il sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi, M5S, dica: «Lo Spazzacorrotti sarà approvato e con esso spazzeremo via una certa ipocrisia che ancora alberga in qualche parlamentare». Riferendosi agli alleati leghisti, ma citando l’intero provvedimento contro la corruzione e non il singolo capitolo sulla prescrizione. E anche il mediatore Stefano Buffagni riconosce: «Il tema è complesso e richiede approfondimenti. Una soluzione si può trovare».

 

Oggi i leghisti avranno una riunione per studiare il problema, e non è escluso che sia allargata agli alleati. Ormai c’è all’esame l’idea di ritirare l’emendamento e trasformarlo in una futura proposta di legge più organica. Oppure, in alternativa, come piacerebbe di più ad alcuni del M5S, s’ipotizza di accantonare l’emendamento e di ritirarlo fuori, ma modulato meglio, in un prossimo passaggio parlamentare. Si ragiona su un compromesso, insomma, che non faccia perdere la faccia a nessuno, e che non metta in pericolo il governo.

 

«Ho forte l’impressione che l’emendamento sulla prescrizione sia stato un cazzotto che i grillini volevano dare ai leghisti. Ma l’hanno dato agli italiani», sostiene intanto Enrico Costa, Forza Italia. Di sicuro, questa storia ha prodotto una brutta frattura tra Guardasigilli e mondo dell’avvocatura. Nella foga, Bonafede si era scagliato contro gli «azzeccagarbugli» e i penalisti si sono offesi. Diversi di loro hanno chiamato i loro contatti nel M5S. E ieri Bonafede è corso ai ripari con una telefonata di scuse al presidente delle Camere penali, Gian Domenico Caiazza (oggi sarà alla Camera a parlare delle proprie ragioni con Fi), che ringrazia, ma non deflette. E Andrea Orlando, ex ministro, gli dà pienamente ragione: «Il diritto alla difesa – dice – è uno dei cardini su cui si regge lo stato di diritto. I regimi autoritari si sono sempre incaricati di comprimerlo o eliminarlo. Definire gli avvocati preoccupati degli “azzeccagarbugli” è sbagliato e preoccupante».

LA STAMPA

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