Il mistero del quorum per il referendum salva-Atac

Alessio Buzzelli

L’11 novembre prossimo, per la prima volta nella storia di Roma Capitale si terrà un referendum consultivo. Un giorno a suo modo storico, durante il quale i cittadini della Città Eterna – che pensavano di aver visto già tutto – saranno chiamati a rispondere ad un quesito che definire delicato sarebbe poco: volete che l’Atac resti pubblica o preferite che a gestirla sia una società privata, magari anche straniera, tramite gara pubblica? Domanda che scotta, perché per i romani quella del trasporto pubblico – soprattutto per i problemi che si porta dietro – è ormai una faccenda che investe ogni sfera della vita: pubblica, privata, emotiva, psicologica.

Ma c’è un’altra domanda che in questi giorni in molti si stanno facendo: era davvero necessario indire un referendum al solo scopo consultivo fatto di sforzi organizzativi, chiusura delle scuole, investimento di denaro? Le risposte ovviamente possono essere tante e diverse. Di sicuro è stata una scelta obbligata, dopo che il comitato “mobilitiamo Roma” dei Radicali Italiani lo scorso anno ha raccolto firme a sufficienza (più o meno 33mila, superando così il quorum dell’1% dei cittadini residenti, cioè 28mila) per richiederne l’indizione.

Insomma, il Comune non ha avuto scelta, la legge parla chiaro e il 31 gennaio la Sindaca ha dovuto firmare la delibera. A non essere vincolante è però il risultato della consultazione, che in nessun caso obbliga l’Amministrazione a rispettare la volontà del popolo, come fosse poco più di un mega sondaggio. Una cosa che ha lasciato perplessi i tanti novelli anti-refendari: se l’esito del voto può essere ignorato, che senso ha votare? La controparte risponderebbe che siamo in democrazia e che un referendum, sebbene consultivo, è uno strumento democratico non solo legittimo, ma fondamentale. Uno strumento peraltro molto caro al Movimento 5Stelle, che in tempi non sospetti ne aveva fatto una bandiera – su internet come nella realtà – in nome della partecipazione popolare e della democrazia diretta. Tanto da aver abolito, nel regolamento di Roma Capitale approvato nel gennaio scorso, il quorum (fissato fino ad allora al 33% dei votanti) per i referendum cittadini. Una mossa, questa, che si sarebbe potuta rivelare rischiosa per il Campidoglio che, nel caso di Atac, non si è mai mostrato entusiasta all’idea di un’eventuale privatizzazione, ribadendo più volte la propria contrarietà. Quindi, nel caso del referendum dell’11 novembre, il quorum del 33% dovrebbe…

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