Mario Monti attacca Claudio Borghi: “È più abituato alla polemica che all’esame obiettivo dei fatti”

Mario Monti condivide con il Corriere della Sera la sua indignazione nei confronti del presidente della Commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi Aquilini. Proprio in occasione di un’intervista al quotidiano, l’economista della Lega aveva sentenziato che “per salvare le banche ai tempi di Monti sono saltati fuori 60 miliardi“. Il giorno dopo la dichiarazione, era uscito un articolo in cui si spiegava che l’unico intervento del governo dell’ex presidente del Consiglio, a sostegno delle banche, fu un rafforzamento patrimoniale del Monte dei Paschi di Siena. “Una forma di prestito che venne rimborsato allo Stato, inclusi consistenti interessi”, precisa Monti.

“Fin qui nulla di male  – precisa il politico sul Corriere di ieri (15 ottobre) – Borghi non mi ha accusato di avere sostenuto le banche italiane, ma di aver fatto partecipare l’Italia ai fondi salvastati Efsf e Esm, i quali con gli interventi effettuati appunto per salvare certi Stati, hanno indubbiamente dato sollievo anche alle banche, francesi e tedesche in primo luogo, che avevano fatto molti prestiti a tali Stati”. Monti non si ferma qui e continua la propria invettiva:

“L’onorevole, più aduso alla polemica che all’esame obiettivo dei fatti e degli argomenti, sembra dimenticare che: a) già con il governo Berlusconi, del quale la Lega faceva parte, l’Italia era stata favorevole a fondi salvastati con adeguate dotazioni, b) la quota di contributo di ogni Stato a quegli strumenti è proporzionale alla dimensione economica del Paese (Italia al terzo posto dopo Germania e Francia) ; c) il governo Berlusconi-Lega si è impegnato per 263 miliardi, importo superiore ai 200 miliardi di impegni assunti dal mio governo”.

Ma l’ex presidente del Consiglio sembra non dimenticare proprio nulla e ricorda al leghista che “le decisioni in materia di IMU e di riforma delle pensioni, adottate nel dicembre 2011 dal governo Monti, erano state già inserite come impegni nel programma del governo Berlusconi-Lega in risposta alle sollecitazioni della Commissione e della BCE dei primi di agosto”. Lo spread, dunque, era ancora intorno ai 250 punti, ma sarebbe salito fino ai 574 punti, proprio perché la Lega si sarebbe dissociata.

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