Sabato sei ottobre la scossa era stata, alle 2,34 di mattina, di magnitudo 4.6 della scala Richter, individuata a 9 chilometri di profondità, e avvertita fino ad Enna e Siracusa.

La scossa aveva provocato il crollo di cornicioni nella chiesa del paese e del Palazzo Ardizzone, ex sede del municipio, e di antiche case rurali, e nei centri di Adrano, Biancavilla e Paternò. Alcuni i feriti, ma non gravi. Una quarantina le persone ricoverate in ospedale, per contusioni e attacchi di panico.

Inoltre il sisma di magnitudo 4.6 è stato “anticipato” da scosse di entità minore registrate pochi giorni fa lungo altre faglie, come quella nella Valle del Bove, e lungo la faglia Pernicana, sul versante nord, dove un anno fa si era registrato una scrollata di 3.3.

L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia aveva confermato che l’epicentro era ‘dentro’ il versante sud-occidentale dell’Etna, in località Santa Maria di Licodia, vicino Catania. Altre otto scosse hanno interessato in seguito l’area compresa tra Adrano, Biancavilla e Bronte, con magnitudo non superiori a 2.5.

L’Etna è tra i maggiori sospettati: “Non si può escludere che ci sia un coinvolgimento dell’Etna”, ha commentato l’Ingv. Lo stesso direttore dell’Ingv-Osservatorio etneo di Catania, Eugenio Privitera, aveva confermato: “È possibile che sia legato ai meccanismi di ricarica dell’Etna”.