Roma, 2 ottobre 2018 – Primo passo per realizzare il reddito di cittadinanza sarà la rivoluzione dei centri per l’impiego. Nel giorno in cui Luigi Di Maio ha annunciato che i 780 euro verranno dati anche ai residenti in Italia da almeno dieci anni, è arrivato anche l’assist del professor Domenico ‘Mimmo’ Parisi, l’uomo scelto dal vicepremier M5S per cambiare i centri per l’impiego. Pugliese, vive negli Stati Uniti da 26 anni dove insegna sociologia all’università del Mississippi e qui ha riformato i job center.
Professore, accetterà l’impegno?
“Ieri ho dato la mia disponibilità. Se ci sono riuscito in Mississippi creando 50mila nuovi posti di lavoro in otto anni, credo che si possa fare anche in Italia”.
Come pensa di riuscire in questa missione impossibile?
“In primis, cercherò di conoscere nel dettaglio la realtà italiana che resta, comunque, il mio Paese. Poi si tenterà di cambiare la percezione che gli italiani hanno di queste strutture e si lavorerà sui data base. Saranno due: uno per i lavoratori (che avranno profili dettagliatissimi: esperienze lavorative, attitudini, comportamenti) e uno per le imprese. A questo punto incroceremo i dati, affinché si valuti la compatibilità tra un particolare lavoratore e una particolare impresa”.

E tutti gli impiegati dei centri per l’impiego che fine faranno?
“Resteranno, ma non per caricare curricula. Gli 8mila addetti saranno i responsabili dei piani di sviluppo professionale dei lavoratori”.
Intende i lavoratori che percepiranno il reddito di cittadinanza che andranno ricollocati?
“Sì. Il processo si articolerà in tre momenti diversi: formazione del lavoratore, connessione con le imprese ad hoc, sostegno”.
Che cosa intende con sostegno?
“Una volta che il lavoratore ha trovato un’occupazione non si deve abbandonare, ma va seguito il suo percorso professionale. Non esiste più la persona occupata in Fiat per 30 anni con la stessa mansione, bisogna evolversi”.
In America può funzionare, ma in Italia?
“In Mississippi abbiamo analizzato tre parametri: quanti lavoratori hanno trovato lavoro grazie ai job center; la durata dell’impiego (considerando coloro che hanno avuto un’occupazione di almeno un anno) e le opportunità di guadagno, cioè lo sviluppo professionale (quanto guadagnava prima e quanto dopo). Morale: dal 60% di impieghi trovati, si è arrivati all’80%”.
In Italia i centri per l’impiego producono meno del 3% di assunzioni…
“In cinque anni, con questi cambiamenti, si potrà arrivare al 50-60%. Basta investire nel capitale umano e i risultati arrivano”.
Non crede che percependo 780 euro al mese stando sul divano il potenziale lavoratore si adagi?
“Negli Usa abbiamo fatto un calcolo: se investi un dollaro, te ne torna indietro 1,2. Il reddito di cittadinanza a livello filosofico mi piace. Nel breve periodo dovrebbe infondere fiducia e dare un aiuto all’economia locale; nel lungo periodo, reimpiegherà il lavoratore rendendolo indipendente”.
Non si rischia l’assistenzialismo?
“Non basta dare un sussidio. Il lavoratore va formato e poi aiutato a trovare un lavoro”.
I 780 euro in una card elettronica, tipo il tesserino sanitario, sono tracciabili: non c’è il rischio per la privacy? 
“Negli Usa c’è un sistema simile, ma la card può essere usata solo per gli alimentari. Ovviamente, affinché funzioni, vanno introdotti meccanismi anti-frode e, soprattutto, passare da una cultura del ‘sospetto’ a una della fiducia”.

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