Roma, 16 settembre 2018 – Dopo mesi di vertici sparsi per l’Europa, tentativi di accordi, fragili incontri multilaterali come quello di Vienna, scelte muscolari soprattutto in Italia, il nodo immigrazione si ingarbuglia ancora di più. Non c’è unità politica di intenti, con la Germania che cerca frettolosi patti con noi prima delle elezioni in Baviera, aumentano le difficoltà a Sud dove il caos Libia alza polveroni come il vento del deserto e la Tunisia, pur accogliendo i ritorni secondo gli accordi, frena le esigenze italiane di rimpatri veloci. Da Berlino, passando per Roma, fino a Tripoli non si intravedono spiragli di questa crisi epocale che scuote dai capi di Stato ai sindaci di paesi con 4mila abitanti. Lo scenario è quello di una politica e di una diplomazia fragili che non mettono d’accordo nessuno. Ogni Paese difende la peculiarità dei propri interessi e una soluzione che accontenti le necessità collettive sfuma in un orizzonte incerto.

Ungheria e Repubblica Ceca ribadiscono le porte chiuse, la Francia espone buoni propositi ma è rigida alle frontiere, Malta resiste nel suo splendido isolamento, la Spagna accoglie a numero limitato ma difende con la polizia gli assalti ai confini di Ceuta. Ognuno per sè. Dunque l’Italia del governo gialloverde non è poi così cattiva se chiude i porti dando seguito a una linea di severità, pur con altre scelte, già inaugurata dal precedente ministro Marco Minniti. In tre mesi si stimano 40mila sbarchi in meno, fa sapere il Viminale. Significa che i porti sbarrati e lo sfratto alle ong – taxi degli schiavisti del mare – hanno contribuito al risultato. Infatti molti hub, come quello di Bologna, da mille ospiti sono scesi a 400 e saranno riconvertiti in centri di espulsione per mancanza di «materia prima». Con sollievo dei prefetti, costretti a piazzare migranti a forza in ostelli e hotel anche contro il volere dei sindaci più buonisti. Dunque in questa scacchiera ognuno è costretto a provare un senso di solitudine. Scelte troppo cattive? Può darsi, ma anche scelte obbligate visto l’atteggiamento solista degli altri paesi della famiglia (si fa per dire) europea. E più il tema immigrazione si aggrava e più condiziona partiti e istituzioni. In italia ha lanciato la Lega e sarà il barometro delle prossime elezioni amministrative ed europee, in Germania agita le consultazioni di ottobre in Baviera dove l’omologo del ministro Salvini, Horst Seehofer si gioca la poltrona. Il Pd in Italia, sull’incapacità di interpretare la crisi, ci ha lasciato le penne. Il futuro politico e sociale si gioca su questa lezione.

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