Che cosa c’è dietro i timori di Draghi

Matteo Salvini ha liquidato con un «pensi a difendere l’Italia» l’allarme di Mario Draghi sul rischio che sta correndo l’Italia se il governo dovesse mettere in campo una manovra economica spericolata.

Ora, «difendere l’Italia» non è esattamente il compito del governatore della Banca centrale europea, che peraltro ha passato metà tempo del suo mandato a difendersi da infondate accuse e sospetti – soprattutto dei tedeschi – proprio sulla sua presunta partigianeria per il paese di origine.

Secondo gli osservatori più esperti e addentro le cose, Mario Draghi non «difende» l’Italia, più semplicemente «conosce» l’Italia meglio di chiunque, avendo attraversato con grande discrezione i luoghi dove «si è fatta» l’Italia e non mi riferisco solo alla Banca centrale di cui è stato anche governatore. E ben conosce, per il suo ruolo attuale e per le relazioni internazionali intrecciate negli anni, le opinioni e le intenzioni delle comunità politiche, economiche e finanziarie nel caso l’Italia dovesse forzare la mano oltre misura sul rispetto dei patti e dei trattati passando dalle parole minacciose ai fatti. Fatti, tipo una manovra economica al di sopra delle nostre possibilità, che porterebbero a un declassamento da parte delle agenzie di rating impedendo così alla Banca centrale di aiutarci anche se volesse fare forzature politiche. Inutile dirlo, sarebbe l’inizio del fallimento.

C’è un precedente che dicono preoccupi «l’italiano» Mario Draghi. Il caso Grecia, cioè un paese in forti difficoltà economiche che sull’onda della netta vittoria elettorale del partito nazional-populista guidato dal vulcanico Alexis Tsipras sfidò apertamente l’Europa pensando di potere risollevarsi da solo, una volta libero da lacci e imposizioni. Dopo avere minacciato fuoco e fiamme, forte anche di un referendum popolare che lo autorizzava a mandare Bruxelles a quel paese, Tsipras si fermò a un passo dal baratro di fronte alla fermezza del sistema, salvando l’Europa ma soprattutto, dal fallimento, la Grecia che oggi, a distanza di solo tre anni, sta crescendo più dell’Italia.

Si fermerà in tempo anche l’Italia? Chissà. Mario Draghi non è ideologico, è uomo pragmatico, le sue biografie lo definiscono un liberal-socialista. Non ha mire politiche e dicono che sia più preoccupato per gli italiani che per l’Italia, differenza sottile ma sostanziale; più per la crescita del differenziale dell’Italia – il famoso spread – con la Spagna che di quello con la Germania perché indice di grandi ritardi a parità di occasioni; più per la fuga in corso dei capitali nostrani e degli investitori stranieri dal paese che per qualche decimale in più o in meno del rapporto deficit pil.

In questo senso sì, Mario Draghi «pensa all’Italia», come immagino pensi a qualsiasi paese dell’unione che con politiche scellerate mettesse a rischio se stesso e, essendo in un sistema di vasi comunicanti, tutti gli altri.

È vero, ci sono alcune buone ragioni, ma anche qualcosa di poco chiaro in questa ostentata ostilità da parte del nostro governo alle regole da tutti sottoscritte. La domanda è: chi ha interesse a destabilizzare l’Europa facendo leva sulle sue debolezze e sul malcontento che esse generano nei paesi più fragili? E più precisamente, Putin e Trump sono spettatori di tutto questo o in qualche modo c’è il loro zampino, più o meno occulto, nella crescita di movimenti che tendono a disgregare l’unione del vecchio continente, visto da entrambi come un concorrente se non pericoloso quantomeno fastidioso? In altre parole, il dubbio è che al grido di «prima l’Italia» in realtà stiamo regalando senza saperlo pezzi di Europa alle due storiche superpotenze, America e Russia, in cambio di non sia bene che cosa. Quel «pensi a difendere l’Italia» io quindi lo rigiro a Matteo Salvini, al suo collega Di Maio, al premier Conte. Pensate a difendere l’Italia prima che voi stessi. Fidatevi «dell’Italiano» Mario Draghi più che dei sondaggi.

IL GIORNALE

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