Genova, crolla il ponte sull’autostrada A10: 35 vittime sotto le macerie

È sprofondato mentre le automobili e i tir sfrecciavano in un senso e nell’altro (guarda il video). Un tonfo devastante di cemento e calcinacci che da oltre cinquanta metri di altezza si è riversato rovinosamente sul quartiere Sampierdarena, che corre sotto ponte Morandi, il viadotto sull’autostrada A10 che attraversa la Val Polcevera, e ha travolto automobili, palazzi e la linea ferroviaria (guarda la gallery).

Un inferno che ha fatto almeno 35 morti tra cui anche una bambina. “La dimensione è epocale – spiega all’Adnkronos il direttore del 118, Francesco Bermano – alcuni sono morti precipitando dal viadotto, altri rimanendo incastrati sotto le macerie. Forse il violento nubifragio, che questa mattina ha colpito Genova, ha causato il cedimento strutturale di una delle colonne all’altezza di via Fillak, nella zona di Sampierdarena, e il conseguente crollo della mastodontica struttura per almeno 200 metri di lunghezza (guarda il video).

Genova, crolla il ponte sulla A10: il video chocUscito da una galleria dell’autostrada, Alberto Lercari, autista Atp, ha sentito un boato assordante, poi si è trovato davanti a una coda di auto immobili. “La gente scappava venendo verso di me – racconta all’agenzia Agi – ho visto la gente corrermi incontro, scalza e terrorizzata… è stato orribile”. A decine piangevano e urlavano: “Sta crollando il ponte, scappate!”. Un crollo apocalittico che, intorno alle undici e un quarto di questa mattina, ferisce Genova nel suo cuore. Una devastazione senza precedenti che squarcia la città trasformandola in un campo di guerra. Il fumo che si leva tutt’intorno, le grida di terrore e di dolore degli automobilisti bloccati lungo le due carreggiate dell’autostrada A10 (guarda il video), le macerie del Ponte Morandi che si confondono con le case schiacciate sotto l’urto deflagrante. E in questo inferno i Vigili del Fuoco, con le squadre Usar e le unità cinofile, che si lanciano nella corsa contro il tempo per riuscire a salvare quei corpi imprigionati sotto il cemento. Provano a estrarli dalle lamiere delle automobili accartocciate su se stesse e a mettere in sicurezza quelle fughe di gas che potrebbero causare un’ulteriore tragedia.

“Eravamo fermi in coda e poi ho visto la tragedia alle mie spalle, poi più nulla”. Mentre parla ai microfondi di RaiNews24, Corrado Cusano ha ancora la voce strozzata. Al momento del crollo decine di automobilisti hanno abbandonato la propria automobile per rifugiarsi, procedendo a piedi, all’interno della galleria che precede il viadotto. Una donna di 75 anni è rimasta intossicata nell’incendio che si è sprigionato dopo che la sua casa è stata schiacciata dal ponte. Ora si trova in camera iperbolica all’ospedale “San Martino”. Il dramma è sotto gli occhi impotenti dei genovesi (guarda la gallery). Il ponte, che si è sbriciolato su se stesso, è infatti una delle arterie principali del nodo viario genovese che corre tra i caselli di Aeroporto e Genova Ovest. E dalle finestre e dai balconi di tutta la città resta ben visibile quel che resta del viadotto costruito negli anni Cinquanta e inaugurato dall’allora presidente Giuseppe Saragat. Ponte Morandi, con una lunghezza di 1.182 metri e un’altezza al piano stradale di 45 metri, attraversa la Val Polcevera ed è retto da tre piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza. Il crollo si è verificato nel secondo tratto, verso il raccordo con l’autostrada A7.

Come il ponte Morandi, altre decine di migliaia di ponti italiani sono a rischio crollo. E ogni anno puntualmente ne crollano una ventina solo che non fanno notizia perché non sono grandi come quello di Genova (guarda la gallery). Settimo Martinello la questione la conosce bene: è il direttore generale di 4 Emme, società di Bolzano ma con sedi in sedici città, che si occupa di ispezioni e verifiche sullo stato dei ponti. “In questo momento ne gestiamo cinquantamila”. Non il ponte Morandi, però. “Quello era gestito dalle autostrade e di solito loro fanno le cose per bene, anche se quel ponte, lo sapevano tutti, aveva sempre avuto dei problemi”. Il fatto, secondo Martinello, è che tutti i ponti realizzati in calcestruzzo fra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta sono a rischio. “Perché – spiega – sono arrivati a fine vita, non sono eterni ed è troppo facile prevedere che andranno giù tutti”.
IL GIORNALE

 

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