Trump cavalca Brexit e migranti per sgretolare l’Unione europea

paolo mastrolilli
inviato a londra

Si scrive sgarbo a Theresa May, ma si legge attacco all’Europa. Dai commerci all’immigrazione, prendendo di mira i valori fondanti che l’hanno tenuta insieme dalla fine della Seconda guerra mondiale, proprio alla vigilia del controverso vertice col russo Putin. Così vanno interpretate le parole del presidente Trump durante la sua tappa di ieri in Gran Bretagna, oltre il valore bilaterale dell’appuntamento.  La visita è cominciata con uno choc, cioè l’intervista che il capo della Casa Bianca ha dato al giornale di Rupert Murdoch «The Sun», in cui attaccava la premier britannica: «Ha sbagliato la gestione della Brexit, quello che sta facendo non era ciò che avevano chiesto gli elettori. Io le avevo dato consigli, ma non mi ha ascoltato. Se farà l’accordo con la Ue di cui parla, ucciderà il trattato commerciale con gli Usa».

Lo sgarbo diplomatico di Trump ha preso le sembianze di un colpo per rovesciare May, quando ha aggiunto che il rivale Boris Johnson «sarebbe un ottimo primo ministro». Il presidente ha ammesso di aver evitato Londra perché sarebbe stato accolto dalle proteste, che infatti sono avvenute nella piazza del Parlamento, dove migliaia di persone hanno manifestato nel corso della giornata, facendo anche volare un pallone gonfiato che rappresentava Donald come un bambino arrabbiato.

Poi la mira nell’intervista si è spostata sulla Ue, non solo per la disputa commerciale in corso, ma anche per la sua politica sull’immigrazione, che il presidente giudica suicida.

Durante la conferenza stampa con May nella residenza di campagna a Chequers, il capo della Casa Bianca ha fatto marcia indietro, affermando che la stima molto e dicendo di aspettare come «una benedizione» l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue per poter fare un accordo di libero scambio con Londra. Le critiche alla Ue invece sono rimaste intatte, anzi rafforzate. Poi il presidente è stato ricevuto dalla regina Elisabetta per un imbarazzante tè al castello di Windsor, prima di volare in Scozia per prepararsi al vertice con Putin in uno dei suoi resort golfistici.

 

Il vero pensiero di Trump, nonostante le correzioni successive, è quello contenuto nell’intervista al «Sun». Il suo rapporto con May non è mai stato agevole, e non c’è dubbio che preferirebbe avere come interlocutore un «brexiter» convinto tipo Johnson. L’attacco alla Ue però è ancora più significativo. Il giorno del referendum Donald era proprio in Scozia, e aveva auspicato l’uscita dall’Unione. La mattina dopo aveva dichiarato di aspettarsi che altri Paesi, come Italia e Francia, avrebbero seguito l’esempio della Gran Bretagna.

 

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Nigel Farage è stato un suo alleato della prima ora, invitato alla Convention di Cleveland, e proprio due giorni fa il suo ex consigliere Bannon lo ha visto a Londra insieme ad altri sovranisti. Trump vorrebbe sgretolare la Ue, perché ritiene che Washington sarebbe favorita se potesse negoziare accordi commerciali bilaterali. L’attacco però va oltre la questione economica, e riguarda l’intero sistema dei valori europei. Secondo il politologo Ian Bremmer, «Trump non sta criticando l’immigrazione illegale in Europa, ma la follia degli europei nel consentire l’accesso a persone di cultura non europea. Dal suo punto di vista, è importante restare culturalmente puri. Allineato con Le Pen, Orban, Wilders».

 

Il problema dunque non sono gli illegali che sbarcano a Lampedusa, ma gli islamici nati a Parigi o Bruxelles, che corrompono l’identità del continente. Un po’ quello che lui sta facendo per contrastare l’arrivo dal confine messicano degli ispanici, che cambiano il volto demografico dell’America e minacciano le posizioni di vantaggio della maggioranza bianca che lo ha votato.

C’è da chiedersi però quanto breve sia il passo dalla «purezza culturale» al razzismo, negli Usa come in Europa. Infatti May gli ha risposto che un Paese ha il diritto di controllare i propri confini, ma l’immigrazione è stata e resta un contributo positivo per Londra.

 

La gravità di questo sgretolamento dell’ordine globale, evidente già durante gli ultimi vertici di G7 e Nato, è diventata l’oggetto di un editoriale pubblicato da Robert Kagan sul «Washington Post», con un titolo sinistro: «Things will not be okay», le cose non si aggiusteranno. Kagan è un serio studioso neocon, al di sopra del sospetto di essere un liberal disfattista. Secondo lui gli effetti dello scontro con gli alleati saranno gravi e duraturi. La colpa non è solo di Trump, perché hanno la radice nel «ritorno di vecchi problemi che avevano provocato catastrofi in passato». In questo quadro cita anche il nuovo governo italiano, aggiungendo che «la possibilità che l’Europa possa ricadere nel suo oscuro passato è più grande oggi, di qualunque momento durante la Guerra Fredda». Ma le azioni di Trump stanno contribuendo alla «crisi mondiale che incombe su noi».

LA STAMPA

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