I turisti meritano di più

«Boom del turismo a Napoli». «Record del turismo gastronomico». «Vola il turismo in Ciociaria». «Mai tanti turisti in Veneto». A leggere gli ultimi dati strillati sui giornali, le tivù, i siti web pare che l’Italia stia vivendo un momento magico. Evviva. C’è chi dirà che è merito dei governi precedenti, chi di quello attuale, chi di uno straordinario contesto internazionale che vede i viaggiatori sfondare il tetto del miliardo e trecento milioni e che in questo contesto, per dirla alla senese, può vincere pure un cavallo scosso. Certo è che il turismo va. Soprattutto rispetto a pochi anni fa, quando a causa soprattutto del calo di italiani in grado di andare in vacanza, arrancava. Dice tutto una nota di Enit e dell’Osservatorio nazionale del turismo: se nel 2017 gli «arrivi» turistici del pianeta hanno toccato «il 6,8% in più rispetto al 2016» («il più alto tasso di crescita degli ultimi anni», secondo i dati provvisori dell’ultimo World Tourism Barometer dell’Unwto) l’Europa ha trainato l’accelerazione (+8,4%) e l’Italia, «posizionata al quinto posto con oltre 58 milioni di arrivi internazionali, dopo Francia, Stati Uniti, Spagna e Cina, è la destinazione che cresce di più»: +11%. Un tasso di incremento che «supera la media mondiale e quella europea».

Bene. E bene la notizia che il peso complessivo del turismo e dell’indotto (per capirci: inclusi gli agricoltori che riforniscono alberghi e ristoranti o i laboratori che fanno i gilet dei camerieri…) sarebbe salito al 13% con una ulteriore crescita prevista quest’anno dell’1,8%. Di più: «L’impatto economico del turismo si riflette in maniera rilevante sul mondo del lavoro, con quasi 3,4 milioni di posti direttamente e indirettamente generati nel 2017 pari al 14,7% dell’occupazione totale». Prosit.

E prosit ai dati sui visitatori stranieri col risultato che «la spesa turistica relativa all’incoming per il 2017 è di 39 miliardi di euro ed è cresciuta del 7,7% sul 2016» contro i 24,6 miliardi sborsati dagli italiani all’estero: con un saldo netto positivo di quasi 15 miliardi di euro. Più 5,7% sull’anno precedente. Ancora: il nostro Paese resta, per i non europei, la meta più sognata. Merito, sicuramente, di tanti operatori bravi e per bene che fanno al meglio il loro mestiere. Occorre però avere il coraggio di dire, proprio sotto questo acquazzone di numeri positivi e di titoli un po’ troppo trionfalistici, che i turisti che amano l’Italia meritano di più. Perché è vero: nelle classifiche dei «brand» siamo ottavi grazie al primato per la straordinaria ricchezza dei nostri beni culturali e la varietà di cibi e vini che possiamo offrire. Ma si tratta di un patrimonio artistico e gastronomico ereditato. E troppo spesso messo a rischio.

Va bene «nonostante». Questo è il punto. Nonostante i disastri ambientali come lo spropositato bacino di fanghi rossi a Portovesme, sulla magica costa sarda davanti a Carloforte. Nonostante gli orridi ecomostri che hanno stuprato paesaggi bellissimi e ormai perduti. Nonostante tutte le stangate per due spaghetti all’astice tirate da osti ingordi e volgarissimi a visitatori venuti dall’altra parte del mondo con gli occhi pieni di ammirazione e vergognosamente traditi. Nonostante l’incapacità di far rispettare ai barbari col portafoglio gonfio il decoro delle nostre città più amate, sottoposte giorno dopo giorno ad insulti inaccettabili.

E poi nonostante la cecità di generazioni intere di assessori regionali somari che hanno buttato i soldi in grandi abbuffate goderecce o concerti strapaesani senza investire un euro sulla promozione vera o per siti web decenti con la conseguenza che dopo anni di inutili battaglie, in un mondo in cui la Norvegia seduce i visitatori in sedici lingue, la Sicilia e la Campania balbettano qualcosa ai potenziali clienti solo in italiano e inglese. E nonostante il rapporto sulla competitività turistica come quello del World Economic Forum che ci vede all’85° posto per la convenienza degli alberghi, al 104° per l’efficacia del marketing e del marchio per attirare i turisti, al 115° per il rapporto qualità prezzo…

Eppure ci amano. Vengono. Accorrono. Nonostante un pezzo del mondo turistico, purtroppo, sia legato a quell’idea che, eruttata in romanesco, suona così: «Se vonno vede’ l’Italia, qua devono passa’!» Un’idea predatoria e ignobile. Che non solo espone tutti gli italiani a figuracce umilianti. Ma che pesano su tutto il resto. È una grande fortuna, vivere in un Paese così amato. Ma ce la dobbiamo meritare.

CORRIERE.IT

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