Nucleare, minacce iraniane a Trump

giordano stabile
inviato a beirut

Il presidente iraniano Hassan Rohani avverte gli Stati Uniti del rischio di «un pentimento storico» se dovessero lasciare l’accordo sul nucleare firmato nel 2015 dall’Amministrazione Obama. Ma Donald Trump sembra intenzionato a tirare dritto e ribadisce che l’Iran «non avrà mai l’atomica», spalleggiato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, mentre si avvicina la data del 12 maggio, termine ultimo per rinnovare la partecipazione all’intesa oppure andare alla rottura. Sono giorni frenetici, segnati anche da un possibile scandalo, le rivelazioni del giornale britannico «The Observer», secondo il quale lo scorso maggio Trump assoldò un’azienda d’Intelligence israeliana per cercare notizie compromettenti riguardo due stretti collaboratori di Obama, protagonisti delle trattative che hanno portato all’accordo con Teheran.

 Ieri mattina è stato Rohani, sotto pressione da parte dell’ala oltranzista del regime, ad andare all’attacco. Il presidente ha parlato in diretta tv alla nazione e ha avvertito che «se gli Usa usciranno dall’accordo sul nucleare, vedrete che si pentiranno come mai nella storia». Rohani ha anche assicurato che l’Iran ha in programma «piani per far fronte a qualsiasi mossa» americana, ma non ha specificato di che tipo. In caso di ritiro americano dall’accordo Teheran si è detta pronta ad arricchire di nuovo l’uranio ma il rischio è che la decisione scateni raid da parte di Israele. Per questo i militari si preparano a contromisure.

Un’opzione è quella di colpire le truppe americane in Siria e Iraq attraverso milizie alleate, che hanno già avvertito che i militari Usa potrebbero «diventare un bersaglio legittimo», in caso di scontro fra Usa, Israele e l’Iran.

 

Teheran sta cercando di trasformare le sue basi in Siria, e il suo alleato libanese Hezbollah, in possibili «deterrenti», in grado di reagire in caso di attacco sui suoi siti nucleari. La possibilità non è da escludere, dopo i due raid israeliani ad aprile su basi siriane utilizzate dai Pasdaran e dopo lo show in mondovisione di Netanyahu lo scorso mercoledì, quando ha mostrato «55 mila documenti» rubati in maniera rocambolesca dal Mossad, e che dimostrerebbero come l’Iran abbia «mentito» e mantenga l’intenzione di sviluppare l’atomica. L’intelligence israeliana anche denunciato «nuove attività» nel sito di arricchimento dell’uranio di Fordow.

 

Ieri Netanyahu è tornato a criticare l’intesa firmata da Obama, «un accordo orribile». Se non si fa nulla, ha continuato, «si consentirà all’Iran di portare a compimento il suo arsenale nucleare in un tempo molto breve». Il premier ha anche ribadito che non consentirà a Teheran di minacciare «il fronte Nord», cioè le alture del Golan al confine della Siria: «Siamo determinati a fermare l’aggressione iraniana, anche se dovesse significare una guerra, meglio prima che dopo». L’intesa con Trump sembra totale su questo punto. Il presidente Usa ieri ha chiamato il premier britannico Theresa May, in vista della visita a luglio, e garantito che «l’Iran non avrà mai l’atomica».

 

Ma l’azione in tandem israelo-americana è stata guastata dalle rivelazione dell’«Observer». Il leader americano, durante la sua tappa in Israele lo scorso maggio, avrebbe contattato un’azienda di Intelligence per «scavare» nelle vite dei due più stretti consiglieri di Obama – Colin Kahl e Ben Rhodes – e «trovare qualcosa di sporco». Kahl ha confermato di essersi sentito nel mirino di un «servizio di Intelligence straniero» proprio lo scorso maggio, quando la moglie è stata contattata da una sedicente azienda di investimento inglese, che voleva notizie sulle sue attività di finanziamento alla scuola materna frequentata dalla figlia.

LA STAMPA

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.