Più soldi a chi accoglie i profughi. L’Est Europa si ribella al bilancio di Bruxelles

marco bresolin
bruxelles

Gli unici pienamente soddisfatti, al momento, sono i tedeschi. «Un primo passo nella giusta direzione» dicono i ministri Olaf Scholz (Finanze) e Heiko Maas (Esteri). Giudizio condiviso dai popolari all’Europarlamento, guidati dal tedesco Manfred Weber. Del resto il maxi-piano della Commissione Ue, che ieri ha svelato la sua proposta per il prossimo bilancio post-Brexit (2021-2027), porta la firma del loro connazionale Günther Oettinger. Una torta da 1.279 miliardi di euro che, nonostante l’uscita del Regno Unito, riesce a lievitare, ma al tempo stesso prevede tagli netti ai fondi regionali e alla politica agricola. Scatenando da un lato le proteste dei governi che non vogliono aumentare il loro contributo e dall’altro quelle di chi sarà colpito dai tagli.

Questo è il punto di partenza. Ora si apre il tavolo delle trattative tra i Ventisette. Sarà dura trovare un compromesso. L’Olanda ha già bollato come «inaccettabile» la proposta. E insiste per avere il «rebate», lo sconto sulla quota contributiva che invece Bruxelles vuole eliminare. Sulla stessa linea Austria e Danimarca, che non vogliono pagare il prezzo della Brexit. Per la Lettonia invece ci sono troppi soldi destinati all’immigrazione.<

 

L’Ue ha inserito la gestione dei flussi tra le sue priorità: la spesa sale da 13 a 35 miliardi, che saranno usati per gestire i confini (in arrivo 10 mila agenti Frontex) ma anche per l’accoglienza. Un fondo da 10,4 miliardi finanzierà i Paesi che ospitano i migranti e questo di fatto penalizzerà i Paesi dell’Est. Polonia e Ungheria sono già sul piede di guerra perché Bruxelles potrà «sospendere, ridurre o limitare i finanziamenti in caso di violazioni dello Stato di diritto». Tutto da vedere nel dettaglio, invece, il legame che ci sarà tra i fondi Ue e il rispetto dei parametri macroeconomici. L’Italia vuole contrastarlo.

 

Un nuovo fondo servirà a sostenere riforme chieste dalle raccomandazioni della Commissione. Un serbatoio di 25 miliardi che si aggiunge agli altri 30 stanziati per sostenere gli investimenti in caso di shock asimmetrici. Non è proprio il bilancio dell’Eurozona chiesto da Macron, anche se va in quella direzione. A Parigi piacciono i 20 miliardi messi sul piatto per la Difesa comune, il raddoppio dei fondi per l’Erasmus e l’aumento (+50%) per gli investimenti in Ricerca e innovazione, ma fonti diplomatiche francesi mettono subito in chiaro che un taglio del 5% alla politica agricola non è accettabile.

 

Con 442 miliardi, la politica di coesione rappresenta la fetta più importante del bilancio. Però è anche quella che ha subito i tagli maggiori (-7%). Per l’Italia il conto potrebbe salire a 2,4 miliardi di euro: la stima arriva da uno studio degli eurodeputati M5S, particolarmente preoccupati per l’effetto sulle regioni del Sud, il loro grande bacino elettorale. La Puglia perderebbe mezzo miliardo, la Campania 370 milioni e la Sicilia 340. «Altro che austerity, adesso il danno è ancora più grande» attacca l’eurodeputata Rosa D’Amato. L’effetto potrebbe però essere mitigato dai nuovi criteri per l’assegnazione dei fondi: il Pil pro-capite resterà predominante, ma si terrà conto di altri fattori come disoccupazione giovanile, cambiamento climatico e accoglienza dei migranti.

 

Nuove entrate (22 miliardi l’anno) arriveranno dalle «risorse proprie Ue», tra cui parte dei ricavi legati allo scambio delle quote di emissioni inquinanti, un’aliquota del 3% legata all’imposta sulle società e una nuova tassa sulla plastica non riciclata (80 centesimi al chilo) che gli Stati dovranno versare.

LA STAMPA

 

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