Dialogo M5S-Lega, il muro di Di Maio su Romani. Berlusconi: intesa col Pd o Salvini ci taglia fuori

Mancano 5 giorni alla prima convocazione delle Camere (venerdì 23) ma l’unico schema di accordo di cui tutti parlano — la presidenza della Camera al M5S, quella del Senato al centrodestra — è un dato acquisito solo per i grillini. Tutti gli altri partiti, Lega in testa, stanno a guardare. E così il leader del M5S, Luigi Di Maio, ha (ri)preso l’iniziativa delle consultazioni «con tutti», ponendo però una condizione: «Inaccettabili candidati condannati o sotto processo…». E questa mossa viene letta come un attacco ad alcuni profili proposti dal centrodestra tanto che, ora, nella partita per i presidenti, potrebbe rientrare in gioco un candidato di garanzia gradito anche dal Pd: un nome a sorpresa che aiuterebbe ad allentare l’isolamento in cui si è confinato il partito del Nazareno. Matteo Salvini, che tratta per la coalizione, non ha detto a Luigi Di Maio «né sì né no sulla presidenza della Camera, ma tutti poi hanno interpretato il suo come un sì», fanno notare parlamentari vicini al segretario della Lega. Ecco allora che, a 48 ore dal «ni» di Salvini, arriva l’annuncio di un secondo giro di consultazioni (dopo il «buco nell’acqua» dei capigruppo del M5S) condotto dallo stesso Di Maio: «Sentirò tutti, da Salvini a Grasso. Io non ho intenzione di chiudere l’individuazione dei presidenti delle Camere solo ad un accordo tra due forze politiche. Sarà molto importante dialogare con tutti per individuare personalità di garanzia».

Il tour al Sud del leader leghista

All’attivismo di Di Maio, Salvini risponde con il tour a Lamezia e a Crotone: «Tagli ai vitalizi? L’emergenza è il lavoro», dice a chi gli chiede di valutare il programma dei grillini. Sui presidenti delle Camere è comunque ottimista: «Non facciamo nomi ma presto risolveremo tutto… Ce la metterò tutta per andare al governo con programma… Gli italiani hanno votato, non ci sono programmi pericolosi». In serata a Rosarno rivendica: «Ho il dovere di parlare con tutti» e dalla platea si levano le proteste: «Non con i 5 Stelle». Il dialogo invece è aperto e questa nuova condizione sulle candidature escluderebbe comunque dalla corsa per la presidenza l’azzurro Paolo Romani condannato primo grado per peculato perché come assessore a Monza prestò il telefonino di servizio a sua figlia. A rigore, Roberto Calderoli della Lega — che non è il candidato di Salvini ma verrebbe comunque votato in modo trasversale — verrà processato solo se la Consulta darà torto al Senato nel conflitto tra poteri sollevato dai magistrati che vogliono esercitare l’azione penale per le sue dichiarazioni sul caso Kyenge (odio razziale). Invece, alla Camera nulla osta per le potenziali candidate di Forza Italia (Mariastella Gelmini e Mara Carfagna), per Giancarlo Giorgetti della Lega e per Riccardo Fraccaro e Emilio Carelli del M5S.

CORRIERE.IT

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