Pd, la tentazione dell’ok a un governo (per paura di tornare subito al voto)

Il “no” del Partito democratico sta rapidamente trasformandosi in un “ni”. Più della linea dell’opposizione può la paura. L’incubo del Pd, infatti, è che Lega e 5 stelle si mettano d’accordo per andare alle elezioni a ottobre. Tutti al Nazareno hanno notato che quello è il vero obiettivo di Grillo, che vuole lanciare l’opa finale sul Partito democratico. Franceschini in questi giorni cerca di spiegare ai colleghi che tirandosi fuori dalle trattative per un futuro governo il Pd otterrebbe come unico risultato quello di «consegnare l’Italia agli anti-europeisti» che si unirebbero in una strana alleanza destinata a non durare e a far precipitare il Paese alle urne. Un lusso, questo, che il Pd non può permettersi. In questo momento infatti il partito è ancora sotto botta. Ed è un po’ allo sbando. Lo dimostrano due recenti episodi. Primo, l’intervista al Corriere in cui Franceschini proponeva il governo costituzionale, di cui non era a conoscenza quasi nessuno nel partito. Secondo, le dimissioni di Martina dal ministero dell’Agricoltura, che pare non siano state discusse per tempo nemmeno con Gentiloni. Come se non bastasse, rischia di slittare anche l’Assemblea nazionale di metà aprile. E non si è ancora deciso nemmeno quando e come si farà poi il Congresso. Nel quale, come è noto, potrebbe scendere in campo Zingaretti, l’unico candidato forte di cui finora è stato fatto il nome. Che allargherebbe il campo anche a una parte di Liberi e Uguali. Come confessa un dirigente di Mdp: «Se Nicola diventa segretario l’80 per cento dei miei torna nel Pd».

Ma c’è di più: in molti al Nazareno si interrogano sulle reali intenzioni di Renzi. L’ex segretario per ora dice di voler rimanere alla finestra, ma Carlo Calenda, ospite di Porta a Porta, dopo aver ribadito che «Gentiloni è il leader», ha affermato: «Renzi deve dire che resta e non porta via la palla». Palla che, teme qualcuno, potrebbe invece portar via, anche se non subito, visto che sia alla Camera che al Senato ha i numeri per fare due gruppi autonomi. In tutto ciò, l’ultimo possibile schiaffo: quella che è da anni la comoda sede del gruppo a palazzo Madama potrebbe passare alla folta pattuglia grillina, visto che i senatori dem sono diventati pochini. L’unica certezza sembra essere l’elezione di Guerini, apprezzato da tutte le correnti, a presidente dei deputati. Insomma, il Pd deve ancora prendere le misure della sconfitta e in questa situazione c’è chi occhieggia ancora a un governo con i grillini. Magari non guidato da Di Maio.E infatti i parlamentari dem hanno guardato con una certa curiosità all’incontro di ieri tra Zingaretti e Virginia Raggi. Era un faccia a faccia istituzionale, ma la cosa ha suscitato un certo interesse. La soluzione preferita da tutti i “big” del Pd, comunque, è quella adombrata a più di un dirigente dem da Mattarella: far decantare la situazione e poi appellarsi a tutti per un governo che faccia la legge di bilancio e accompagni il processo di riforma elettorale. Per dirla alla Calenda: «Se il presidente proponesse un governo di transizione il Pd dovrebbe dare l’ok».

CORRIERE.IT

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