Addio a Stephen Hawking, il fisico che svelò l’origine dei buchi neri

L’astrofisico di fama mondiale Stephen Hawking è morto all’età di 76 anni nella sua abitazione a Cambridge.

 

Stephen William Hawking è stato uno dei fisici più originali e creativi degli ultimi decenni, noto soprattutto per i suoi tentativi di unificare la relatività generale con la teoria quantistica e per i contributi alla cosmologia relativistica. La maggior parte del lavoro scientifico di Hawking ha riguardato la natura dei buchi neri e i suoi studi sulla relatività generale avvalorano la teoria che l’Universo ha avuto origine poco meno di 14 miliardi di anni fa da un’immane esplosione, il Big Bang. Grazie alle sue straordinarie capacità divulgative, nelle conferenze e nei suoi numerosi libri è riuscito a spiegare in maniera semplice e comprensibile concetti molto astrusi e di estrema complessità, come i buchi neri, il Big Bang e la curvatura dello spazio, e per questo è anche uno degli scienziati più noti ai «non addetti ai lavori».

 

Tra i suoi libri più famosi basti ricordare Dal Big Bang ai buchi neri, 1988; Buchi neri e universi neonati, 1993; The Nature of Space and Time, 1996; La teoria del tutto. Origine e destino dell’universo, 2004; La grande storia del tempo, 2005. I suoi studi universitari si svolsero prima a Oxford e poi a Cambridge, dove, ottenuto il dottorato, vi rimase come ricercatore, diventando nel 1979 Lucasian Professor of Mathematics, posizione occupata nel passato da famosi scienziati che hanno lasciato il loro nome nella storia della scienza, come Isaac Newton e Isaac Barrow.

 

Hawking dall’età di 17 anni era affetto da un gravissimo handicap della parola e dei movimenti, dovuto a una malattia incurabile del sistema nervoso, la sclerosi amiotrofica laterale, una rara malattia che distrugge le cellule nervose e che provoca la paralisi progressiva dei muscoli motori volontari.

Una patologia che costringeva un cervello fuori dal comune in un corpo che gli impediva di comunicare in maniera efficace con il mondo esterno. Ha infatti trascorso buona parte della sua vita su una sedia a rotelle e riusciva a parlare con un sofisticatissimo sintetizzatore vocale, che gli permetteva di comunicare con il mondo esterno, sia pure con notevole lentezza.

 

 

Stephen Hawking, come accennato, ha concentrato i suoi studi principalmente sulla natura della gravità e sul tentativo di unificare questa forza con le altre tre forze fondamentali dell’Universo (la forza elettromagnetica, la forza nucleare forte e la forza nucleare debole), uno sforzo in cui anche Einstein fallì. Una teoria originale, e forse la più famosa, che Hawking propose nel 1974, riguarda la cosiddetta «evaporazione dei buchi neri», che rappresenta la prima e completa teoria che cerca di integrare la meccanica quantistica con la relatività. In sintesi, Hawking ha ipotizzato che i buchi neri, diversamente da quanto si pensasse sino ad allora, emettono energia la cui temperatura è inversamente proporzionale alla loro massa.

 

Questa teoria si basa sulla meccanica quantistica, secondo cui lo spazio non è mai completamente vuoto, bensì interessato da «fluttuazioni quantistiche». Da queste fluttuazioni del vuoto, per frazioni infinitesimali di secondo, emergono delle coppie formate da una particella e dalla relativa antiparticella che «prendono a prestito» dell’energia per poi incontrarsi e annichilirsi, restituendo l’energia assorbita in precedenza. Nelle vicinanze «dell’orizzonte degli eventi» di un buco nero, cioè la superficie che circonda questi oggetti collassati dove la velocità di fuga è uguale a quella della luce, può accadere che, a causa della intensissima forza di gravità, una delle particelle venga risucchiata dal buco nero prima di annichilirsi, mentre l’altra particella potrebbe incontrarsi con una particella esterna all’orizzonte degli eventi, dando luogo a un’emissione di energia sotto forma di raggi X o raggi gamma, la cosiddetta «radiazione di Hawking». Tale emissione, secondo Hawking, sarebbe responsabile di una perdita di massa continua da parte del buco nero, per cui questo si ridurrebbe molto lentamente fino a scomparire del tutto. L’originalità di questa concezione potrebbe essere definita rivoluzionaria, si pensi infatti che, in precedenza, si pensava che i buchi neri fossero come dei pozzi senza fondo, che fagocitavano materia senza lasciar sfuggire nulla dalla loro superficie, neppure la luce.

 

Per i suoi contributi nel campo dell’astrofisica Stephen Hawking ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui i principali sono la Medaglia Eddington (1975), la Medaglia Albert Einstein (1979), la Medaglia d’oro della Royal Astronomical Society (1985), la Medaglia Pio XI dell’Accademia Pontificia delle Scienze (1975) e la Medaglia Paul Dirac (1987), ma non il premio Nobel per la Fisica.

 

Astronomo dell’Osservatorio Astronomico di Torino(INAF)

LA STAMPA

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