Varese, la «Giamaica padana» dove si coltiva marijuana legale

Forse, un giorno, fumeranno il calumet della pace, ma è singolare che in provincia di Varese i due imprenditori più avanti nel mercato della cannabis legale siano due ex amici che hanno visto finire la loro storia d’affari nel sangue. Dopo l’abisso, per entrambi c’è stata la rinascita e da qui si parte per raccontare la loro storia. I protagonisti sono Giovanni e Marco: il primo oggi è uno degli sviluppatori del marchio Legal Weed, uno dei progetti che stanno nascendo nel mercato miracoloso della canapa legale in Italia; il secondo è un agronomo, negoziante e consulente nello sviluppo della ricerca sui semi per la cannabis legale. Accade tutto nel piccolo paese di Orino, nell’ufficio di Marco Moscatelli, 41 anni, che è anche presidente della Pro Loco. Uno che aveva visto giusto e aveva avviato un progetto di coltivazione tra i prati del posto, con l’aiuto anche delle scuole, in cui mostrava com’era possibile che esistesse una canapa buona, adatta a usi artigianali e ornamentali. Qualche screzio sugli incassi di un’altra loro attività, poi un giorno il «chiarimento»: botte, calci, ferite reciproche, e un colpo di taglierino lungo il collo che Marco sferra a Giovanni Rossi, 35 anni, il socio. Marco lo porta in ospedale, a Cittiglio, va in carcere per tentato omicidio, patteggia a 4 anni, esce di prigione e la vita ricomincia.

Cambio di scena, tre anni dopo. Giovanni Rossi, il ferito, oggi è guarito. Lavora a Gavirate, ha quattro soci e con la sua azienda coltiva, in particolare, la tisana fior di canapa: «Ha un principio attivo bassissimo, dello 0,01 — racconta —. È praticamente nullo e vendiamo la tisana nei formati da 20, 10 e 5 grammi. Fa bene, rilassa e piace». Il mercato sta esplodendo, dicono gli esperti, sfruttando la legge che consente la coltivazione di piante sotto lo 0,6 di Thc (il principio attivo della cannabis), ma che non spiega come debba essere poi utilizzata la canapa. In teoria tutti parlano di vendita per uso tecnico. Basta non mangiarla e non accenderla per combustione.

«Ho aperto l’azienda con un investimento di 20 mila euro più altri 40 mila raccolti dai clienti che hanno effettuato dei preordini», prosegue r Giovanni Rossi. «Con le tisane stiamo facendo il salto di qualità, il fatturato supera il milione di euro e vendiamo in tutta Italia. Inoltre creiamo lavoro: ho 15 dipendenti e 120 persone che ruotano nell’indotto. Il mercato sta crescendo e il nostro prossimo passo sarà aprire un marchio in franchising». Non mancano i contrattempi. Giovanni Rossi, due mesi fa ha comprato della cannabis light in Svizzera. È giunto in dogana, ha mostrato la bolla e il prodotto, ma la Guardia di finanza si è insospettita. Lo ha seguito fino a casa, gli ha sequestrato 114 chili di piante. Ci sono state analisi e ricorsi: tutto era a norma, il Thc era nei limiti e il giudice non ha convalidato il sequestro. I sospetti in dogana nascono da un equivoco: i limiti di principio attivo consentiti in una pianta, in Svizzera, sono più alti rispetto all’Italia.

Marco Moscatelli, invece, è noto come un mago dei semi. Una coltivazione l’ha installata sul lago di Varese. L’ex amico e rivale di Rossi ha un negozio a Orino dove vende le sementi per la coltivazione all’italiana e offre un vasto catalogo di attrezzi per coltivare. Ma non solo: «Io faccio ricerca — puntualizza — ho studiato agraria e mi batto da tempo per lo sviluppo di questa pianta in Italia per ottenere una filiera certificata. Lavoro con aziende, faccio formazione ai piccoli agricoltori. Coltivo, ho i campi e le serre, ma in negozio vendo le sementi, le piantine o anche le lampade per consentire la crescita indoor». Di quello che è accaduto due anni fa parla poco. «È acqua passata, non mi disturba che anche Rossi si occupi di questo mercato, ma ormai siamo in due mondi diversi». La cannabis light sta ridando a entrambi una prospettiva dopo una terribile avventura. «Tempo fa fondai un negozio che si chiamava Semi Matti — aggiunge Moscatelli —, sono un pioniere del settore che oggi, in Italia, ha superato i 400 punti vendita. La clientela ha tra i 30 e i 50 anni, tante donne e non c’entra nulla con la droga. Chi si vuole sballare la compra da altri parti».

CORRIERE.IT

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