Ebraismo, tradotto in italiano il primo libro del Talmud a 500 anni dai roghi dell’Inquisizione

di CLAUDIO CUCCIATTI

ROMA – A quasi cinquecento anni di distanza il “Berakhot”, primo libro del Talmud babilonese, uno dei testi sacri dell’ebraismo, sta per essere ristampato tradotto in italiano. Tra le vittime eccellenti dei roghi dell’Inquisizione, al momento disponibile integralmente, tra le lingue correnti, solo in inglese, l’opera composta da 30 volumi è al centro di un lavoro filologico che coinvolge 90 persone tra traduttori, revisori e informatici e un software creato ad hoc dall’Istituto di Linguistica computazionale del Cnr. Coordinato da Clelia Piperno, docente di diritto costituzionale dell’Università di Teramo, si tratta dell’unico progetto informatico dedicato alla cultura ebraica finanziato da un governo.

Il motivo per cui gli ebrei e gli studiosi dell’ebraismo abbiano dovuto leggere per secoli il Talmud in stato di clandestinità e in lingua straniera (alcune parti sono state tradotte anche in francese e in russo) è da ricondurre a un litigio tra i primi stampatori (i caratteri mobili di Gutenberg arrivarono nel 1455) che, non accordandosi su chi dovesse mettere l’opera sul mercato, attirarono su di essa l’attenzione della Chiesa cattolica, quindi del tribunale dedito alla caccia dei testi eretici. “La cultura ebraica in Italia – spiega Piperno – è stata più arsa che coltivata, nonostante la comunità sia radicata da secoli nel Paese. La traduzione del Talmud rappresenta un arricchimento del patrimonio italiano ed europeo, dato che questo testo, un insieme di precetti, concetti filosofici e riflessioni religiose, ha influenzato il pensiero del nostro continente”.    

“Traduco”, il software messo a punto dal Cnr, è un aiuto prezioso per gli studiosi. In una prima fase suddivide il testo inserendo pause non previste dall’aramaico antico, che non si serviva di punteggiatura. Con l’avanzare della traduzione, grazie a un ragionamento di comparazione, aiuta i traduttori a sciogliere di dubbi di ambiguità testuale. Ad esempio, le parole “respiro” e “donna” hanno la stessa radice, “ish-“. Entrambe riconducono al concetto di “nascita”. Una volta scelta la sfumatura di significato appropriata, il sistema informatico la memorizza e la propone qualora si presenti una frase simile.

Di fatto, il software si potenzia quotidianamente di pari passo con l’avanzamento nella traduzione. Una caratteristiche che permetterà di accelerare i “tempi talmudici”, è proprio il caso di dirlo, della traslitterazione in italiano. Nel 2016 ha visto la luce il quinto libro del Talmud, individuato come testo pilota per la semplicità della scrittura. La sua uscita è arrivata a tre anni di distanza dall’inizio del lavoro, mentre quella del Berakhot ne ha richiesto uno e mezzo. Le pubblicazioni del secondo e del terzo tomo occuperanno l’intero team per un anno. “Non abbiamo fretta – precisa Piperno – vogliamo che questo enorme sforzo sia qualitativamente valido. Sono passati 500 anni, ne possiamo aspettare qualcuno in più”.

Ideato nel 2009, il progetto di traduzione in italiano del Talmud è stato avviato grazie a cinque milioni di euro previsti dalla manovra finanziaria del 2011. Nel 2016 la macchina messa in moto da Piperno ha vinto un bando del Miur della durata di sei anni. Un tempo che

non sarà sufficiente per terminare il lavoro. “Cercheremo altre risorse – spiega la professoressa – ma siamo molto fiduciosi perché il nostro progetto ha raccolto molti apprezzamenti in Europa e abbiamo riscontrato un interesse particolare negli Stati Uniti”.

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