Scuole chiuse e corsa alle scorte di cibo. Così New York aspetta il “ciclone bomba”

francesco semprini
new york

I volontari del «Family Shelter» si affrettano ad ammassare coperte e scorte di cibo nel grande atrio davanti alla 151ª mentre si fa il conto degli ospiti attesi per i giorni a venire. In questo riparo per diseredati di Melrose, nel Bronx, ci sono anche alcuni disoccupati della classe media, le nuove vittime delle crisi moderne. Ma ci sono anche alcuni sopravvissuti di Prospect Avenue, gli abitanti del palazzo nella Little Italy del quartiere ghetto divorato dalle fiamme qualche giorno prima di Capodanno. È lì che tutti trascorreranno i giorni del «Bomb cyclone», la bomba ciclonica che sta investendo la costa orientale portando freddo, venti e gelo da Sud a Nord. Un’ondata polare straordinaria in vista della quale autorità e meteorologi hanno diramato dispacci dai toni bellici. E i cittadini, dalla Florida al Maine, hanno risposto correndo ai ripari, a partire da New York, dove la corsa all’acquisto compulsivo ricorda i tempi cupi dell’uragano Sandy.

 

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Percorrendo il Willis Avenue Bridge sull’East River si arriva a Manhattan, dove è in corso l’assalto ai supermercati. Alla riapertura all’alba gli scaffali sono semivuoti. «Questa volta sembra fare sul serio»: Mario fa il portiere in un condominio sulla 73ª da oltre venti anni e di neve ne ha spalata a quintali per liberare il marciapiede antistante al grande cancello in ottone. Sul tablet che ha al concierge mostra un video del «New York Times», che racconta cosa sta accadendo. Un fenomeno inusuale, straordinario, di repentino abbassamento della pressione (24 millibar in 24 ore), un calo «esplosivo», appunto, causato dall’incontro di due masse d’aria, una calda proveniente dal Golfo del Messico e una fredda proveniente dal Nord-Ovest. Questo genera un abbassamento veloce della temperatura e una massa d’aria che ruota in senso antiorario con venti molto forti. Il risultato è un’ondata di freddo e neve nel Sud-Est e l’avanzata di gelo e vento dal Centro al Nord della costa.

 

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Il bollettino già a metà giornata è drammatico, specie per un Paese stretto da giorni dalla morsa del freddo che ha già causato 17 morti. Nel Nord della Florida sono state registrate le temperature più basse da parecchi anni, e nella capitale Tallahassee c’è stata la prima nevicata significativa dal 1989. In tredici Stati, dalla South Carolina al Maine, è stata emessa l’allerta per la bufera, e i governatori di Georgia, North Carolina e Virginia hanno dichiarato lo stato di emergenza. Così come ha fatto il governatore di New York, Andrew Cuomo, per la zona meridionale dello Stato, inclusa la contea di Westchester, New York City e Long Island.

Gli americani interessati sono oltre 58 milioni e più di 13 milioni sono quelli più esposti ai rischi per l’allarme tempesta. In tilt gli aeroporti nel Nord-Est, con almeno 3.600 voli cancellati e altre sospensioni attese. Più di 77 mila utenti sono rimasti senza elettricità in diversi Stati, in particolare in Virginia, Nord Carolina e Georgia. Il Weather Service è particolarmente preoccupato per la possibilità di blackout nel New England, dove alla bufera seguiranno temperature artiche. Nella Grande Mela, così come in moltissime altre città della regione, inclusa Boston, le scuole sono rimaste chiuse, e le autorità hanno invitato i cittadini a non mettersi al volante se non necessario, ma a utilizzare i mezzi pubblici. E per oggi sono attese temperature intorno ai -20 gradi destinate a creare muri di ghiaccio con i 30 cm di neve accumulati ieri.

La drammaticità del meteo, però, non rende i newyorchesi orfani di panorami suggestivi, come quello dei tetti gotici di Tudor City totalmente imbiancati, e sullo sfondo il Palazzo di Vetro dell’Onu che la bassa visibilità trasforma una specie di stazione orbitale. O come la sempre viva Grand Central dove gli addobbi natalizi, il market alimentare, l’emporio delle birre artigianali, il negozio dei souvenir della Subway, e il passaggio di impavidi pendolari fa dimenticare per un attimo la bomba. Una città nella città davanti alla quale a passo veloce transita qualche irriducibile del footing. C’è invece chi corre nel proprio bunker domestico o nel bar preferito, come di consueto, dopo lavoro. In molti hanno deciso di rimanere aperti. Perché a New York tutto è spettacolo, anche il ciclone bomba, e nella Grande Mela, si sa, «the show must go on».

LA STAMPA

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