“Banca Etruria è colpa di Visco”, Renzi insiste contro Bankitalia

francesca schianchi
roma

Partendo di buon mattino per la seconda giornata del tour in treno, Matteo Renzi non avrebbe intenzione di parlare di Visco e Bankitalia. Non gli sono piaciuti i commenti in gran parte severi dei giornali, ma spera che il “caso” della mozione parlamentare del Pd sia ormai chiuso. Sbaglia, e sarà costretto ad accorgersene presto. Mentre lui si sposta da Osimo a Recanati nella sua «campagna di ascolto», a 300 chilometri di distanza, a Roma, uno stillicidio di critiche rende la vicenda ancora più deflagrante.

Un big del partito come Walter Veltroni, che solo cinque giorni fa festeggiava fianco a fianco al segretario i dieci anni del Pd, boccia l’iniziativa qualificandola come «incomprensibile e ingiustificabile». L’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano, già molto critico nei giorni scorsi sulla legge elettorale, attacca le cose «deplorevoli» che ogni giorno capitano; il capogruppo al Senato Luigi Zanda ammette sconsolato che «mozioni di questo tipo meno se ne fanno e meglio è», e lo deve pensare anche la minoranza di Orlando, visto che chiede un’assemblea di gruppo.

E poi ci sono Berlusconi che accusa la sinistra «di voler occupare tutti i posti» anche «prima dell’elezione», il ministro Calenda che non commenta «per carità di patria», l’ex premier Monti «sorpreso» dai 213 deputati che hanno votato la mozione, e ancora Cuperlo, Bassolino, il sindaco Sala… Una slavina di rimproveri che vengono distillati sul cellulare dell’ex premier uno dopo l’altro. Lasciato quasi solo a difendere la scelta del partito, il presidente Matteo Orfini: «Per i credenti il Papa è infallibile: che questa infallibilità sia trasferita al governatore della Banca d’Italia è abbastanza curioso».

 

 

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Troppi i lamenti, troppo importanti i personaggi intervenuti per continuare a tacere. «Su questa vicenda adesso esco fuori io», sbotta a un certo punto Renzi con i dirigenti-amici sul treno con lui, da Matteo Richetti a Francesco Bonifazi, mettendo da parte la modalità zen a cui aveva provato da un po’ ad autocostringersi. Sullo sfondo dell’incanto dei luoghi leopardiani si presta all’assedio di taccuini e telecamere, fissa un’intervista radio col programma Zapping, un’altra per stamane a «Otto e mezzo». Per tenere il punto e rilanciare.

«Mai sentito dire che una mozione parlamentare sia una mossa eversiva. Non c’è nessuno scontro tra Pd e governo: abbiamo votato una mozione che il governo ci ha chiesto di modificare, in una logica di collaborazione», minimizza le tensioni ma non il peso politico di quel testo: «C’è bisogno di scrivere una pagina nuova. Se qualcuno vuole raccontare che in questi anni nel settore bancario non è successo niente, non siamo noi, perché è successo di tutto. È mancata evidentemente una vigilanza sufficiente».

 

Concetti spiegati in modo anche più diretto in privato, in un vagone insieme ai suoi: «In questi sei anni il problema del sistema bancario italiano è stato Banca Etruria? Una banca piccola così? Qualcuno può dirlo? Ha avuto più articoli del Bataclan, è pazzesco, con quello che è successo con le banche venete, Banca 121 e Mps. A noi toscani fa innervosire perché sappiamo com’è andata. La responsabilità di Banca Etruria è tutta di Bankitalia», insiste sui «meccanismi della vigilanza». Il problema, ripete poi in radio e ai giornalisti, «non è il nome del governatore: dire che il Pd è contro Visco è sbagliato», ma le responsabilità: «Chi ha sbagliato paghi, se ci sono delle cose da cambiare si cambino». Il Pd la sua l’ha detta, rumorosamente. «Poi il nome e la procedura di nomina del governatore non dipendono dal Pd ma dalle autorità preposte. E noi le rispetteremo».

LA STAMPA

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