Roma a secco, il piano non decolla . Commercianti sul piede di guerra

federico capurso, andrea carugati
roma

Corsa contro il tempo a Roma per evitare il razionamento dell’acqua, con turni di 8 ore al giorno per circa 1,5 milioni di cittadini. La domenica sembra non aver portato consiglio, e tra Comune, Regione e Acea ancora non solo non è spuntata una soluzione, ma non è neppure stato fissato un incontro. In Campidoglio si continua a ritenere che la partita sia tra Acea e Regione (che ha emanato l’ordinanza con cui tra cinque giorni si interromperanno i prelievi dal lago di Bracciano). In Regione si ripete di aver solamente rispettato la legge, e si indica nel Comune (che controlla Acea al 51%) l’attore principale per uscire dall’impasse. Anche dai vertici di Acea – di recente nominati dalla giunta Raggi – fanno sapere di essere risoluti nel voler seguire le regole e che per questo osserveranno l’ordinanza della Regione e che proprio per questo, l’unica conseguente soluzione adottabile sarà il razionamento dell’acqua. Ma il piano secondo il quale verranno divise le zone della Capitale e gli orari di chiusura dei rubinetti è ancora sul tavolo dei tecnici di Acea, ma sembrerebbe che ospedali, ambasciate e altri edifici sensibili saranno comunque tutelati.

La sindaca Virginia Raggi ribadisce di essere stata la prima il 22 giugno a denunciare le gravi condizioni del lago di Bracciano, e di aver emanato per tempo un’ordinanza per chiudere i famosi nasoni della Capitale. Il Pd va all’attacco con il segretario regionale del Lazio Fabio Melilli che accusa Acea di «fare terrorismo psicologico». La municipalizzata «contraddice se stessa e i dati che ha fornito in questi ultimi mesi», dati secondo cui dal lago di Bracciano arriverebbe solo l’8% del fabbisogno idrico di Roma. «Perché dunque questo allarme dopo la chiusura del lago?», è la domanda che rimbalza in Regione e tra i dem. Melilli definisce «spropositata e sospetta» l’ipotesi di arrivare a turni di 8 ore al giorno di razionamento dell’acqua. E incalza Raggi: «Basta fare melina».

Una delle soluzioni, sponsorizzata dal deputato dem Michele Meta, prevederebbe di attingere alle altre riserve idriche che approvvigionano la Capitale, come l’acquedotto del Peschiera. E l’idea non sembra dispiacere alla Regione. L’accordo, però, è ancora lontano. È stato aperto un canale di comunicazione informale fra i tre protagonisti e tutti si dicono pronti a sedersi intorno a un tavolo, magari anche con la Protezione civile. Eppure, nessuno fa il primo passo.

Le preoccupazioni maggiori, in città, provengono dalle migliaia di attività commerciali che di fronte al razionamento dell’acqua sarebbero costrette a chiudere. «È già tardi, per noi, per prendere delle contromisure», mette in guardia il presidente di Confcommercio Roma Giuseppe Roscioli. «Una decisione del genere provocherebbe un danno incalcolabile alla città. Non solo economico ma anche e soprattutto di immagine: all’estero penserebbero che Roma non è in grado di gestire le emergenze», prosegue Roscioli. «Per questo, certe decisioni andrebbero prese con più buon senso e, quanto meno, condivise con le associazioni di categoria. Invece, è stata messa in scena una cosa da pazzi. E a questo punto, mi auguro sia stata solo una irresponsabile boutade». E anche dalla Federazione pubblici servizi di Roma non arrivano segnali incoraggianti: «Costringere una città a chiudere per problemi idrici è una cosa incomprensibile», dice Fabio Spada, presidente del Fipe Roma. «Nessuna attività commerciale a Roma può pensare di sopportare otto ore senza acqua».Anche i presidenti dei Municipi di Roma non possono fare altro che aspettare le decisioni che arriveranno dai tavoli istituzionali e, da domani, tentare tra di loro un coordinamento. La misura del blocco dell’acqua, comunque, non piace a nessuno. «Una follia», la definisce la presidente del I Municipio Sabrina Alfonsi (Pd), dove si teme per le attività commerciali e turistiche del centro storico. E con un po’ di imbarazzo, la decisione viene criticata anche dal Municipio XV, guidato dal presidente pentastellato Stefano Simonelli: «Speriamo che l’ipotesi razionamento non si concretizzi. Non sarebbe una cosa positivissima per le attività del territorio».

LA STAMPA

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