Nell’ambulatorio dei migranti: “Qui si rischia la tubercolosi”

A Roma torna ad agitarsi lo spettro di una malattia che sembrava sconfitta: la tubercolosi. A destare la preoccupazione dei residenti è il via vai di stranieri che, a gruppetti, entrano ed escono dal Poliambulatorio di Tor di Quinto (guarda il video).

Si tratta degli ospiti del Centro di accoglienza straordinario di largo Tommaso Perassi, nel quartiere Aurelio di Roma. Arrivano alla spicciolata, ogni giorno, per effettuare gli screening antitubercolari e “alcuni di loro – vocifera il quartiere – sono risultati positivi al test di Mantoux”. Un test che, come chiarisce il Ministero della Salute, serve a diagnosticare la presenza del batterio della tubercolosi. Ma, attenzione, se la tubercolina è positiva, “bisogna accertare o escludere” la malattia con una radiografia del torace.

Psicosi in ambulatorio

Quando alcuni dei richiedenti asilo sono arrivati nel Poliambulatorio per sottoporsi ai raggi X, però, qualcosa è andato storto: i dispositivi di protezione individuale non erano a disposizione del personale sanitario. In assenza di guanti e mascherine, i dipendenti della Asl si sono rifiutati di procedere al check up toracico e alcuni dei migranti sono stati rimandati indietro senza aver scongiurato la presenza dell’infezione batterica. Una dimenticanza siderale, anche alla luce delle stime offerte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che annovera gli operatori sanitari tra i soggetti maggiormente esposti agli agenti biologici e quindi ad un eventuale contagio.

“Un caso sospetto tra gli ospiti del Cas”

Ma c’è di più. Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Fabrizio Santori, denuncia un caso sospetto: “Ad inizio giugno, uno dei migranti positivi al test di Mantoux è stato indirizzato presso una delle strutture specializzate in malattie infettive, molto probabilmente l’ospedale Spallanzani, a causa delle lesioni polmonari riscontrate dai raggi X”. Questo basterebbe, secondo Santori che parla di “rischio epidemia”, per chiedere l’intervento del Ministero della Salute. Secondo il consigliere regionale, inoltre, i migranti sottoposti agli screening antitubercolari sarebbero circa 300, “controllati in diversi poliambulatori della Capitale”. Tra questi, oltre a quello già citato di Tor di Quinto, anche l’Oftalmico e il Santa Maria della Pietà, in zona Trionfale.

“Nessun rischio Tbc”

Cerchiamo di scoprire qualcosa di più andando sul posto e, sin da subito, il personale sanitario sembra confermare le preoccupazioni dei residenti. In effetti, dopo un po’, siamo proprio noi ad imbatterci in un gruppetto di stranieri in attesa di effettuare i raggi X al torace. “Vengo dal centro di accoglienza di largo Perassi”, ci conferma uno di loro mentre l’operatore che li ha accompagnati ci scaccia a male parole. Non resta che rivolgerci alla dirigenza. Sulla vicenda, la dottoressa Anna Roberti, direttrice del distretto, minimizza: “Un’ampia fetta della popolazione risulta positiva al test di Mantoux ed i pazienti positivi a questo test, in assenza di sintomi specifici, come tosse e febbre, vengono tranquillamente controllati sul territorio”. Ma allora perché gli operatori sanitari non se la sono sentita di procedere ai controlli in assenza di guanti e mascherine? “Per precauzione”, spiega la dottoressa, chiarendo che i dispositivi di protezione individuale “li aveva in dotazione la capo sala”. Si è trattato, dunque, di “un’incomprensione tra il personale”. “Tant’è che i pazienti rimandati indietro sono stati controllati due giorni dopo”, spiega la dottoressa Donatella Biliotti, coordinatrice dei presidi ambulatoriali della Asl Roma1. “Nell’ultimo anno non c’è stata alcuna notifica di Tbc proveniente da ospiti dei centri d’accoglienza al Servizio Igiene Pubblica”, gli fa eco Anna Roberti.

“No comment” dalla Prefettura

Nessun caso sospetto, quindi, afferma la direttrice del Poliambulatorio. I controlli sugli ospiti del Cas, secondo le dirigenti sarebbero dovuti all’endemicità della Tbc in alcune aree del mondo. Nulla di preoccupante, insomma. Si tratterebbe soltanto di controlli di routine. La Prefettura di Roma, sentita da IlGiornale.it, invece, preferisce non rilasciare dichiarazioni. In merito alla mancanza dei presidi di protezione individuale il suggerimento è quello di sentire “l’azienda territorialmente competente”. Mentre, per quanto riguarda il “caso sospetto” l’ufficio del prefetto rassicura: “Sicuramente ciò che avviene nei centri di accoglienza viene monitorato ed affrontato in base alle esigenze, se c’è stato un caso di questo tipo è stato affrontato”.

IL GIORNALE

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