«Connettere le persone non basta più»: Zuckerberg cambia la missione di Facebook

Quando, tra qualche tempo, si guarderà ai mesi tra la fine del 2016 e l’avvio del 2017, gli studiosi del mondo dell’hi tech potrebbero cogliere i segni di un passaggio epocale: l’era di una progressiva, ma inarrestabile, presa di coscienza. E se le confessioni di uno dei cofondatori di Twitter —«The Internet is broken», «Internet non funziona più», aveva detto al New York Times Evan Williams — hanno fatto scalpore, la mossa annunciata e attuata da Mark Zuckerberg sarà forse, nei fatti, ancor più dirompente.

Il giovane che l’Economist rappresentava nelle vesti di un imperatore ha deciso di modificare la mission del suo social network: ed è la prima volta che lo fa. L’annuncio è arrivato in un summit di Facebook a Chicago, e con un post: ma la spiegazione è arrivata anche nella prima vera intervista concessa a una tv (la Cnn) dal 2012.

«Connettere le persone online non basta», sintetizza l’emittente americana, che poi cita direttamente Zuckerberg: «Negli ultimi 10 anni siamo rimasti concentrati sull’obiettivo di rendere il mondo più aperto e connesso. Non abbiamo terminato. Ma prima pensavo che, se solo avessimo dato alle persone la possibilità di esprimersi e le avessimo aiutate a connettersi, il mondo sarebbe migliorato da sé. Per molti versi è stato davvero così. Ma la nostra società è ancora divisa. Ora credo che noi abbiamo la responsabilità di fare di più. Non basta connettere il mondo: dobbiamo fare in modo che si unisca sempre più».

E dunque, la ragion d’essere del social network sul quale si trovano due miliardi di esseri umani — e che di recente ha dovuto affrontare temi come quello delle «filter bubbles», della permanenza di video dai contenuti discutibili e delle cosiddette «fake news» — cambia: non più «dare alle persone il potere di condividere e rendere il pianeta più aperto e connesso», ma «dare alle persone il potere di formare una comunità e unire il pianeta». Perché, dice Zuckerberg, «le nostre vite sono tutte collegate, e nella prossima generazione le nostre sfide e le nostre opportunità più grandi saranno affrontabili solo tutti insieme — porre un termine alla povertà, curare malattie, fermare il riscaldamento globale, diffondere la libertà e la tolleranza, fermare il terrorismo».

Uno spostamento sismico, la cui energia Zuckerberg vuole incanalare in piattaforme più ristrette, e guidate da obiettivi, passioni, problemi, ambizioni comuni: i «Gruppi». Li usa già un miliardo di persone; solo 130 milioni sono però in gruppi che Facebook — con criteri numerici, scrive la Associated Press: «quelli in cui si passa almeno mezz’ora in una settimana» — giudica «significativi». L’obiettivo è fare in modo che un miliardo di persone, invece, sia in «comunità significative»; e per raggiungerlo, scrive Cnn, Facebook sta già usando in maniera massiccia l’intelligenza artificiale (che suggerirà a tutti gruppi potenzialmente vicini ai propri interessi), e fornirà ai leader dei gruppi strumenti per controllare nuovi membri, bloccare persone, legare gruppi diversi.

La libertà di parola, dice ancora Zuckerberg a Cnn, è fondamentale, «ma non deve diventare hate speech o qualcosa che supera il limite» (ed è lampante — anche dopo le recenti rivelazioni del Guardian, che il tema è quale sia, quel limite; chi lo decida; in base a quali criteri; con quale legittimità).

Zuckerberg ribadisce che non intende scendere in campo. Ma quello di cui parla è un programma assolutamente politico — nel senso più ampio del termine (come aveva indicato Fabio Chiusi, qui). Il network c’è: ora il giovane imperatore intende fare di tutto per renderlo indispensabile, e utile, non solo alla sua azienda (finora nei gruppi non c’erano spot: sul domani la compagnia — che di pubblicità vive — non prende impegni), ma al Pianeta.

CORRIERE.IT

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