Morta la stilista Carla Fendi, un pezzo di storia della moda italiana

maria corbi
roma

Carla e Candido forever, diceva la scritta che sventolava dall’aereo sopra la festa per le loro nozze d’oro, nel 2010. E ieri Carla Fendi ha raggiunto suo marito in quel posto dove <forever> significa veramente per sempre. Nel 2013 aveva perso la sua metà e non era stata più la stessa. La malattia ha fatto il resto. Anche se questa donna, classe 1937, era una combattente, educata alla rigida disciplina aziendale dalla madre, la fondatrice dell’impero Fendi. E fino alla fine ha continuato a lavorare e a impegnarsi nella Fondazione che porta il suo nome. E a presenziare alle occasioni importanti della maison Fendi di cui è rimasta fino alla fine presidente onorario.

 La storia di Carla e delle sue sorelle, le mitiche quattro <F> della moda, racconta l’estro, l’impegno, il duro lavoro e il successo di chi ha fatto grande il made in Italy nel mondo. «Mia madre, raccontava Carla, era orfana di padre: Quando andò a Firenze da sua zia, ma chiese di poter lavorare, anche se all’epoca poche donne lo facevano. Non voleva essere mantenuta dai parenti. Avevano una pelletteria. È cominciato tutto così. Poi mamma si fidanzò con mio padre e tornò a Roma, dove aprirono la loro pelletteria».

 

Carla è la quarta delle cinque sorelle che nel 1960, dopo la morte del padre, presero il comando della maison. Si dice che i pranzi di famiglia fossero un po’ come consigli di amministrazione. Dove tutto si decideva. E dove si litigava, come raccontò la stessa Carla. «Ma cercavamo di ricordarci la regola dei nostri genitori: “Siete le cinque dita di una mano: non potete litigare”». Negli anni ’60 incontra Candido Speroni, che per starle accanto rinuncia alla carriera di farmacista. «Non mi ha mai dato fastidio avere una moglie più famosa di me. Anzi, mi inorgoglisce», diceva senza incertezze. Fiero di questa moglie dal carattere forte e gentile, che con i suoi modi diretti riusciva a mettere in riga anche quel genio di Karl Lagerfeld che dagli anni ’60 non ha mai smesso di collaborare con la maison.

 

Carla si occupava del settore vendite -«uno dei primi insegnamenti ricevuti da mamma è come si deve ricevere il cliente. Bisogna essere ancora più gentili con chi non acquista nulla, perché potrebbe tornare» – ma anche della comunicazione e delle pubbliche relazioni. Punta presto sul mercato americano che sarà il ponte per conquistare il resto del mondo. E capisce l’importanza per la maison di avere uno scambio con il mondo dell’arte. Così negli anni Ottanta inizia a interessarsi del festival di Spoleto e anche attraverso l’amicizia con il maestri Menotti “lega” il marchio Fendi alla manifestazione.

 

Non ha avuto figli Carla, ma quella sua innata indole materna la ha riversata in azienda e poi sugli 11 nipoti. E dal 2007 sulla Fondazione Carla Fendi che opera con azioni di mecenatismo allo scopo di supportare le arti, l’artigianato e il sociale. Il suo testamento: «Il bello come cultura e la cultura come linfa vitale, è ossigeno in un mondo che ci travolge quotidianamente. Questo è il mio credo, e in questo metto tutte le mie energie».

LA STAMPA

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