Nel Far West immaginario è record di allontanamenti

alberto mattioli
INVIATO A GALLARATE (VARESE)

Lo sceriffo più veloce del West italiano si chiama Andrea Cassani, 34 anni, leghista di osservanza maroniana, dal giugno ’16 sindaco di Gallarate. Il 20 febbraio scorso, il ministro Minniti ha firmato il decreto sul «Daspo urbano», il 21 è entrato in vigore e il 23, zac!, Cassani aveva già sfornato l’ordinanza con la quale lo recepiva, aggiungendo per buona misura delle ulteriori sanzioni.

 Dunque, multa di 100 euro (il doppio in caso di recidiva) per chi consuma alcolici fuori dai locali deputati, dissemina rifiuti, bivacca, imbratta i muri o viene beccato in possesso di strumenti per farlo, insomma della bomboletta spray, con in più l’obbligo, se beccato in flagrante, di ripulire i muri (non con la lingua, bisogna forse precisare). «Mi dispiace non poter fare di più – dice Cassani -, come del resto vorrebbero i cittadini».

Il tutto in questa cittadina di 53 mila abitanti a 45 chilometri da Milano e a 5 da Malpensa, passato industriale glorioso e presente un po’ incerto causa crisi, con uno di quei tipici toponimi lombardi in -ate che, come diceva Arbasino, non si sa mai se siano participi passati («Le ho gallarate tutte») o imperativi («Gallaratele subito»). Cassani è uno di quegli amministratori leghisti tosti che del politicamente corretto se ne infischiano. Ha sbarrato il cancello da cui passavano i musulmani per pregare su un terreno comunale «e di aprire una moschea naturalmente non si parla». Ora dichiara guerra al degrado «grave in alcune zone, tipo la stazione».

 

A dire la verità, sarà che c’è un bel sole, sarà che sono le due del pomeriggio, al giornalista di passaggio questo Bronx di Gallarate non pare così tremendo. Sì, c’è un nero che dorme sdraiato davanti all’ingresso dei cessi della stazione degli autobus, e il solito capannello di arabi impegnati a non far nulla davanti al kebabbaro. Ma, insomma, in giro si vede ben di peggio. «Negli Anni Ottanta, qui era pieno di tossici, gente che metteva davvero paura. Più che la delinquenza vera, il problema è la percezione che ne ha la gente. E a questo bisogna dare risposte», chiosa Giuseppe De Bernardi Matignoni, di professione taxista, capogruppo di Fratelli d’Italia, «per 11 anni assessore provinciale, da 15 in Comune, e come vede la politica non mi ha arricchito».

 

L’opposizione sembra un po’ in imbarazzo, perché alla fine il sindaco di destra applica un decreto del governo, che di destra non è. Obietta Giovanni Pignataro, capogruppo Pd in Consiglio comunale: «Il Daspo da solo non serve, come non basta da sola la repressione. Ci vuole anche la prevenzione. Il sindaco è saltato sull’occasione e la sta sfruttando mediaticamente. Come dire: tutto chiacchiere e distintivo». La gente in strada, per la verità, del Daspo di Minniti è venuta a sapere solo quando gli si è aggiunto il superDaspo di Cassani. E, nell’insieme, sondaggio fai-da-te, sembra abbastanza favorevole al giro di vite. Le opposte opinioni vanno dal vecchietto che tuona «Li metterei tutti in galera» (ma chi? «Tutti!») ai cittadini che, sulla popolarissima pagina Facebook «Sei di Gallarate se…» (più di 10 mila iscritti, un abitante su cinque) si sono indignati vedendo le foto dei vigili che multavano l’accattone romeno che esibisce le sue deformità, appunto, in zona stazione.

 

Cassani ovviamente tira dritto. Il Daspo, per lui, ha molti difetti. «Intanto si applica solo nelle aree ferroviarie, aeroportuali e portuali, mentre andrebbe esteso a scuole, chiese, edifici pubblici. Poi è troppo vago. E infine manca una sanzione penale». Intanto ha mobilitato i vigili, fa presidiare la stazione dalle 745 alle 19,30, «di più non posso, non ho gli effettivi», e conduce la sua campagna contro quelli che chiama «i compagni del Tavernello», insomma i soliti sbandati che passano le giornate in un alcoolico dolce far niente stravaccati nei parchi o sulle panchine. Quelle della piazza il sindaco le ha fatte perfino spostare all’ombra, che «i Tavernello’s» si sbronzino ma almeno non si abbronzino.

 

Ma finora, ammette, di multe ne sono state elevate solo dieci: sette con l’allontanamento (dunque Daspo) per gente che bivaccava fuori dalla stazione; tre per i bivaccanti in piazza (dunque, «no Daspo»). Tutti stranieri? «No, i primi multati erano italiani». Però dei dieci, finora nessuno ha pagato e ci sono poche speranze che lo faccia. La guerra continua.

LA STAMPA

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