Vicenza, l’azienda delle culle piene: “Uno stipendio in più a chi fa figli”

dal nostro inviato GIAMPAOLO VISETTI

ZANÈ (VICENZA) – “C’era bisogno di dare un segnale chiaro: l’Italia e l’Europa devono rimettere i bambini al centro della vita. Da imprenditore, ho cominciato facendo concretamente la mia parte”. Roberto Brazzale, 54 anni e tre figli, conduce la più antica azienda lattiero-casearia del nostro Paese. A Zanè, nel Vicentino, la sua famiglia produce e commercia formaggi dal 1784: gli avi, sull’altopiano di Asiago, iniziarono già nel Seicento. Da quest’anno ogni dipendente che genererà un bambino, otterrà una mensilità media netta in più per fronteggiare le prime spese di una famiglia allargata.

I collaboratori sono 550: parte operano in Veneto, parte a Litovel nella Repubblica Ceca, dove il gruppo ha aperto anche 19 negozi. In Italia il bonus-bebè aziendale ammonta a 1500 euro, in Moravia a 25 mila corone. “Quando ero piccolo – dice Brazzale – in giro vedevo mamme e carrozzine. Oggi vedo solo badanti e sedie a rotelle. Per i giovani pensare ad un figlio è un problema enorme. Ma ancora non diamo un peso adeguato a quella che è una epocale tragedia collettiva”.

La denatalità scuote sia l’Italia che la Ue. Nel 2016 però, per la prima volta dopo novant’anni, la popolazione nazionale è diminuita. Il primato spetta proprio al Veneto, non più inesauribile miniera di culle. Tra il 2008 e il 2015 le nascite sono precipitate del 20%, un quinto di bambini in meno. Ogni mille abitanti i neonati ora sono 7,9, rispetto ai 10,1 di otto anni fa e ai 10 della media Ue. In un decennio la regione-icona delle parrocchie e delle piccole e medie imprese ha perso 89.785 residenti, la popolazione di una città. “Mi ha colpito – dice Brazzale – il fatto che cifre tanto impressionanti non smuovano né lo Stato, né i privati. Milioni di lavoratori anche in Occidente ormai guadagnano il necessario per se stessi, ma non per realizzare i progetti famigliari. Una società così si estingue. Il ritardo del nostro parlamento nel regolare il diritto di morire con dignità è uno scandalo. Ma ancora più inaccettabile è l’assenza di un sostegno reale alla vita”.

Nell’azienda di Zanè il primo assegno è appena stato staccato. La responsabile delle analisi chimiche è diventata mamma la scorsa settimana. La prossima sarà l’economista che guida l’ufficio costi. Lo stipendio mensile in più sarà versato anche ai padri, o a chi adotterà un bambino. Unico requisito: essere dipendenti da almeno due anni e assicurare la collaborazione per i due successivi a ogni lieto evento. “Ci rendiamo conto – dice Brazzale – che 1.500 euro in più non bastano per indurre una coppia a generare un figlio. Il messaggio culturale prevale su quello materiale ed è la fiducia nel futuro: vogliamo che i giovani che investono sulla vita si sentano a proprio agio e che non debbano preoccuparsi del lavoro”.

Nessuna burocrazia, nessuna autorizzazione, non un documento. Ai dipendenti basta comunicare la nascita, o l’adozione, per passare alla cassa ancor prima di cominciare il congedo parentale. “E anche qui – dice Brazzale – l’Italia è arretrata. Nella Repubblica Ceca la madre può occuparsi di ogni figlio per tre anni. La mia segretaria ne ha avuti due a breve distanza ed è tornata in ufficio dopo sei. Mi sembra normale, un’azienda è felice solo quando lo è chi la fa andare avanti. Ma i doveri di un imprenditore non finiscono con la garanzia dei posti di lavoro: oggi si spingono fino alla ricostruzione della società, possibile solo se il rapporto tra bambini e vecchi è equilibrato”.

Nei reparti dicono che il capo del personale, all’annuncio del bonus-bebè, è svenuto. Le donne giovani, tra gli stabilimenti di Zanè e Litovel, sono in netta maggioranza. Un premio in denaro è fiscalmente meno conveniente che rimborsare prodotti neonatali. Le aspiranti mamme sono decine, come gli annunciati contratti di sostituzione. “Non so ancora come – dice Brazzale – ma ci organizzeremo. Il passo da compiere è questo: fare ciò che è giusto, senza pesare solo le difficoltà da superare. Ho apprezzato l’azienda veneziana che ha assunto la donna che si è presentata non nascondendo di essere incinta. Noi abbiamo cercato di aggiungere un passaggio che può apparire paradossale: dire ai dipendenti che siamo contenti se, credendo nel valore individuale e collettivo della vita, concepiscono un bambino e stanno a casa per aiutarlo direttamente a crescere”.

Donna assunta al nono mese di gravidanza: ”Mi viene da piangere per le altre mamme”

La rinuncia a un nido interno, benefit comune nei grandi gruppi, qui non è una conseguenza delle dimensioni aziendali. La convinzione è che organizzare l’assistenza mediata dei neonati sia un surrogato capitalistico, indispensabile ma al ribasso, mentre solo la presenza quotidiana dei genitori garantisce la formazione di individui amati e dunque capaci di amare. “In Veneto – dice Brazzale – lo vediamo bene. Negli ultimi decenni abbiamo pensato solo a lavorare e a fare soldi. Adesso i nostri figli in via di estinzione sono investiti dai fallimenti dei genitori, sconvolti dall’arrivo dei migranti, che ricordano i nonni veneti costretti a emigrare. Il punto così non è solo premiare il coraggio di chi dona al mondo un essere umano, ma favorire chi si assume anche la responsabilità di plasmare un individuo di qualità, riservandogli tutto il tempo necessario”. A Roberto Brazzale, che riceve facendo una moka di caffè in un vecchio tinello accanto al caseificio, alla fine scappa la definizione “bambini buoni” e “figli felici”. Per questi ha deciso di pagare “se non il prezzo giusto, almeno ciò che posso”. Dice che un neonato, per l’Italia e per l’Europa, vale “ben di più di un voto disperato quando ci sono le elezioni”.

REP.IT

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.