Roma, sette condanne per i clan del mare di Ostia

di RORY CAPPELLI

L’VIII sezione collegiale del tribunale di Roma, presieduta dalla giudice Paola Roja, ha riconosciuto la tesi della Procura condannando per associazione mafiosa tutti gli imputati nel processo sull’assegnazione di alcuni chioschi a Ostia, anche se con pene meno pesanti di quelle richieste dalla procura. Condannati, dunque, Aldo Papalini (otto anni e sei mesi di reclusione), ex direttore tecnico e dell’unità operativa ambiente del municipio XIII, Cosimo Appeso, luogotenente della Marina Militare Italiana (cinque anni e cinque mesi), Ferdinando Colloca, Damiano Facioni, amministratore della società Bludream, Matilde Magni, moglie di Appeso (tre anni e quattro mesi), e l’imprenditore Angelo Salzano (otto mesi, con sospensione della pena) e Armando Spada, esponente dell’omonimo clan vicino agli Spada, considerato esponente di spicco a Ostia (cinque anni e otto mesi).

L’indagine – nata da un’inchiesta di Repubblica –  è stata coordinata dai pm Mario Palazzi e Ilaria Calò. I reati contestati, a seconda delle singole posizioni, erano abuso d’ufficio, turbativa d’asta, falso ideologico, concussione e corruzione con l’aggravante del metodo mafioso. Erano state sollecitate per gli imputati condanne che variavano dai 17 anni e sei mesi a un anno e mezzo di reclusione.

Una delle questione al centro del processo è stata quella dell’affidamento, nel 2012, della gestione del chiosco Orsa Maggiore, la cui concessione – dapprincipio assegnata al Cral dell’Ente Poste – con l’intervento di Papalini era stata posta a revoca e decadenza per essere riaffidata – in appena cinque giorni – a un altro operatore, individuato attraverso una procedura a evidenza pubblica a una società evidentemente costituita proprio per la procedura.

Ostia, il litorale nelle mani dalle cosche

Papalini ha agito in concorso con Facioni, Collaca e Magni, questi ultimi in veste di soci formali, e con Appeso e Spada, soci di fatto della stessa srl: proprio per questa vicenda Papalini, Spada e Appeso erano finiti in carcere. Per gli altri indagati erano stati disposti gli arresti domiciliari.

“Le azioni di questi clan creano un forte pregiudizio per il sistema economico locale” hanno detto i legali della regione Lazio e del comune di Roma. “Determinando uno stato di incertezza, insicurezza e di scetticismo nei cittadini di fronte all’agire della pubblica amministrazione”.

I giudici hanno disposto il pagamento di una provvisionale nei confronti del comune di Roma, della regione Lazio e dell’associazione antimafia Caponnetto.

“La condanna in primo grado per concussione con il riconoscimento dell’aggravante mafiosa inflitta a coloro che avevano minacciato la collega Federica Angeli di Repubblica è la conferma del rigore e della serietà con cui Federica aveva condotto l’inchiesta denunciando presunte pratiche illecite in atto nel municipio di Ostia”. Lo affermano, in una nota, il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti.
La Federazione nazionale della stampa italiana, che ha già deliberato la costituzione di parte civile nel processo a carico dei presunti autori delle minacce, rinnova a Federica Angeli, costretta a vivere sotto scorta, “la propria solidarietà con buona pace di quanti l’hanno aggredita e sbeffeggiata per le proprie inchieste e per il riconoscimento ricevuto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella”.

REP.IT

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