Seconda inchiesta su allarme meteo e tempi dei soccorsi

Rinforzi. Nelle ultime ore è aumentata la presenza dell’esercito e dei suoi mezzi

francesco grignetti
inviato a pescara

Sulla scrivania dei magistrati che indagano sulla catastrofe di Rigopiano, Cristina Tedeschi e Andrea Papalia, c’è una cartellina in evidenza. Il titolo è esplicito: «Bollettino valanghe». Dentro c’è la serie di avvisi di gennaio del servizio Meteomont, specifico per il rischio delle valanghe e slavine, a cura di truppe alpine e Forestale (oggi nei carabinieri). «Vorremmo capire – si spiega in procura – se tutti questi warning servono a riempire i cassetti o se qualche cosa si era attivato per la prevenzione». Domanda retorica. Il 9 gennaio, il warning recitava: «Appennino abruzzese a rischio forte per caduta valanghe». Il 12 gennaio: «Majella, la montagna italiana con il maggior rischio valanghe». Il 16 e il 17, l’allerta per Gran Sasso e dintorni arriva a grado 4, un passo sotto il massimo.

 

Il rischio delle valanghe era stato doverosamente segnalato, come il rischio delle tormente di neve che avrebbero messo in crisi la viabilità. Eppure gli ospiti del resort erano lì, ai piedi di quel canalone che si sarebbe trasformato in un gigantesco bowling che ha spazzato via l’albergo. A rigore, la prefettura avrebbe dovuto avvertire gli enti locali del pericolo, questi si sarebbero dovuti attivare. Il sindaco avrebbe persino potuto ordinare l’evacuazione dell’albergo. Di certo c’era il dovere di rendere percorribili le strade.

 

Un dettaglio, saltato fuori alle prime indagini, lascia interdetti i magistrati: la sera che ha preceduto la slavina, martedì 17, una coppia di ospiti ha lasciato l’albergo perché impaurita dal maltempo. I due hanno visto peggiorare il tempo, il meteo per i giorni seguenti non lasciava dubbi: hanno pagato e sono andati via. E’ la prova che la strada, 9 chilometri di provinciale che collega Rigopiano con il centro abitato di Farindola, erano percorribili. Fino a quel momento gli spalaneve avevano funzionato. Il giorno dopo, però, l’imponderabile: tre scosse forti di terremoto, tanta altra neve che si era accumulato nella notte, e a quel punto, anche se tutti avrebbero voluto andare via, è stato impossibile. Dice ora il procuratore Tedeschini: «Ci si deve chiedere se quelle persone dovevano essere lì quando è avvenuta la valanga; se quell’albergo, in quel dato momento storico, doveva essere aperto e se quella struttura poteva stare lì».

 

Come è ormai stranoto, alle richieste di aiuto che venivano dall’albergo la Provincia ha risposto che aveva altre priorità e quindi di attendere. La turbina sarebbe dovuta arrivare alle 15, poi alle 19. Secondo i sindacalisti, l’unica macchina si era rotta e si è chiesto in giro. Nel frattempo è arrivata la slavina, alle 16.40. Quindici minuti dopo, alle 17.05, il sopravissuto Giampiero Parente è riuscito a dare l’allarme. Invano.

 

Ecco perché ieri i carabinieri erano nella sede della Provincia di Pescara, a sequestrare tutte le carte relative ai piani di emergenza e soccorso dell’area Vestina, da Penne verso la montagna: movimenti, organizzazione di spalaneve, turbine, richieste di soccorso e quanto riguarda la viabilità di quella zona. Molte le cose da chiarire.

 

Ma le inchieste sul crollo di Rigopiano sono due. Una riguarda l’ipotesi di «omicidio colposo», e ruota attorno ai warning ignorati, lo spalaneve che non è arrivato in tempo, i soccorsi in ritardo. L’altro fascicolo è per «disastro colposo» e riguarda l’edificio stesso, sul perchè e percome fosse lì, con tutta la sua storia di abuso edilizio, sanatorie, prescrizioni, perizie geologiche, regole di un parco naturale. I carabinieri andranno nell’ufficio tecnico del comune di Farindola e sequestreranno tutto quel che ha che fare con il resort. Intanto saranno rispolverati gli atti del processo per presunta corruzione concluso nel 2016 con l’assoluzione dell’ex sindaco e dell’ex vicesindaco.

 

Il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico, intanto, da due giorni è al centro operativo di Penne per dirigere le operazioni: «Nessun intento di prevaricazione del Viminale. Sono qui in rappresentanza dell’intero governo». Il punto è che il governo, che ha autorizzato un ulteriore, primo stanziamento di 30 milioni di euro per i primi urgenti interventi di soccorso. è furioso per come sono andate le cose in Abruzzo. Bubbico non si nasconde: «Ci sono state innegabili criticità nell’erogazione dei servizi. Interruzione di elettricità, segnale telefonico, strade. Le persone stanno dando il massimo, ma non può bastare. Abbiamo chiesto di raddoppiare le squadre al lavoro. Con le società delle infrastrutture civili occorre avviare una riflessione, a partire da quello che è accaduto in Abruzzo».

 

Il ministero dell’Interno è sul banco degli accusati anche perché è stata la prefettura di Pescara a sottovalutare l’allarme, perdendo ore preziose. «A tempo debito faremo un approfondimento – dice Bubbico – Ora è il momento di lavorare».

LA STAMPA

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.